Oltre 1000 persone provenienti da tutta la Regione hanno protestato nel capoluogo per chiedere più attenzione da parte del Governo e bloccare le prossime misure. Tra gli altri c'erano i delegati di alcune delle più importanti aziende locali da Bosch a Maserati e Bonfiglioli a Pasta Corticella
E’ iniziata con un corteo lungo più di mille operai metalmeccanici la lunga giornata di scioperi della Fiom Cgil Emilia Romagna, in piazza per manifestare contro la legge di stabilità varata dal governo. “Una legge che avrebbe dovuto ridurre il Cuneo fiscale – spiega Luca Pappalardo, operaio precario della Bosch dal 2011, 28 anni e papà di due bimbi – e che invece ha aumentato le tasse a carico dei cittadini”. Sono venuti da tutta la regione per essere presenti alla manifestazione, con la partecipazione del segretario generale delle tute blu Maurizio Landini, da Parma a Reggio Emilia, da Modena a Ravenna, e in una piazza Maggiore piena ciò che rivendicano, spiegano i metalmeccanici, “è il diritto ad avere un futuro e un lavoro”. Tramite “un rifinanziamento degli ammortizzatori sociali che consenta di evitare licenziamenti, di difendere gli insediamenti industriali e il reddito dei lavoratori in un momento di crisi, modificando i provvedimenti definiti dal governo Monti – Fornero. E che garantiscano anche uno sgravio per quelle imprese che utilizzano i contratti di solidarietà”. “Ma anche – spiega la Fiom nel suo volantino – attraverso l’apertura di una discussione relativa a interventi di politica industriale che possano incentivare la ripresa degli investimenti pubblici e privati, e di difesa delle filiere in crisi”.
Il corteo partito da porta San Felice per sfilare fino all’ombra del Nettuno è lungo, e una dietro l’altra sono presenti tutte le principali aziende del tessuto produttivo emiliano romagnolo. Ci sono la Bosch, la Maserati, la Bonfiglioli Riduttori. E c’è la Mape Italia, che dopo un concordato in bianco è nelle mani del giudice, il quale dovrà decidere se mettere in liquidazione una fabbrica che tra Bazzano e Monteveglio, in provincia di Bologna, da lavoro a 130 operai. “Noi artigiani, per esempio, paghiamo tasse pari al 70% del nostro fatturato – racconta Enrico, operaio Mape – lo Stato può spiegarci in che modo pensa si possa sopravvivere?”.
E, ancora, ci sono i lavoratori del Pastificio Corticella di Bologna, che proprio ieri hanno finito la cassa integrazione, e ora non sanno nemmeno se scatterà la mobilità. Sul futuro dell’azienda erano stati presentati numerosi progetti: “quello per un nuovo pastificio all’avanguardia nella tecnologia di produzione – elenca Vincenzo Grimaldi, segretario della Flai Cgil di Bologna – un mega progetto per costruire un centro di produzione della pasta e del comparto lattiero caseario, e infine un centro congressi. Ma ad oggi non è stato fatto nulla di tutto ciò, e anzi ai lavoratori è stato detto che saranno licenziati il giorno di Natale. E’ una vergogna”.
La crisi del settore metalmeccanico non risparmia nessun provincia. Alla Emak di Reggio Emilia, specializzata nella produzione di meccanica agricola leggera, si va avanti a contratti di solidarietà, alla Terim si attende il tavolo al ministero per far partire l’accordo con gli egiziani, necessario a riavviare la produzione. Tanto che anche chi vive una situazione lavorativa “tranquilla” è venuto a manifestare per esprimere solidarietà agli operai delle fabbriche in difficoltà. “Siamo qui perché siamo fortunati e vogliamo essere vicini a chi oggi è in cassa integrazione, in solidarietà o disoccupato – raccontano i lavoratori della Ognibene – la verità è che non è cambiato nulla, se non il governo. Le politiche continuano a non tenere conto dei cittadini, e se andiamo avanti così davvero si finirà per fallire tutti”.
La protesta è proseguita fino a sera, tra cortei, assemblee, un incontro con il sindaco di Bologna Virginio Merola e i comizi dei segretari regionali e nazionali. “Non pensavamo che questo potesse essere un governo di cambiamento – critica Colla – ma non ci aspettavamo che commettesse simili errori. Se la gente non ha 1 euro in tasca come si fa a credere che possano ripartire i consumi? Non è vero che le risorse non ci sono, è che a Roma non sanno come ridistribuirle, e lo dimostra il fatto che in Italia il lavoro sia tassato al 40% e la rendita al 20%. E che la smettano di dire che nel 2014 ci sarà la ripresa: se non si costruisce oggi una tenuta rifinanziando gli ammortizzatori sociali, o mettendo sul tavolo politiche industriali, i cittadini al 2014 nemmeno ci arriveranno, il welfare cederà prima”. “I punti che abbiamo esposto con questa manifestazione – continua Papignani – chiederemo al presidente della Regione Emilia Romagna Vasco Errani di portarli in Conferenza Stato Regioni, perché se oggi, purtroppo, abbiamo al governo persone che non hanno a cuore le sorti del paese, noi non possiamo cedere. La situazione che viviamo oggi come cittadini non può più essere tollerata”.
“Come pensa il Parlamento di affrontare questa situazione, che richiede un cambiamento radicale ma anche un consenso, una legittimazione che oggi questo governo non ha?”. Parte dalla bocciatura del Porcellum da parte della Consulta Maurizio Landini, per descrivere la ricetta della Fiom contro la crisi economica che avvince l’Italia: “questo paese nella disgrazia ha due fortune, i metalmeccanici e la Corte Costituzionale”. “Ma non é mandando tutti a casa che si può risolvere il problema, perché non tutti hanno le stesse responsabilità”. “Il governo, Confindustria e la finanza stanno cercando di usare questa situazione per cancellare i diritti. Ma ciò significa cancellare anche le persone. Invece – continua il numero uno delle tute blu – per cambiare il paese estendendo la democrazia bisogna applicare la Costituzione”.
Il punto cardine, secondo Landini, per superare la recessione, é riportare al centro della discussione il lavoro. “In queste ore molte aziende, ad esempio il comparto elettrodomestici, stanno decidendo dove investire, e non sarà qui in Italia. Se si vuole uscire da questa situazione serve un piano straordinario di investimenti, ripensando il sistema produttivo e il nostro modello di sviluppo. In questi 20 anni – conclude il segretario generale della Fiom – si é portata avanti l’idea che ci vuole un uomo solo per risolvere i problemi. É sbagliato. Se quando Berlusconi si é dimesso, invece di applicare alla lettera le direttive della Bce, si fosse tornati subito al voto con una nuova legge elettorale, forse la situazione sarebbe migliore. La politica deve smetterla di inchinarsi davanti ai poteri forti”.