Se il Parlamento non riuscirà a trovare un'alternativa, resterà una legge con un proporzionale puro e le alleanze saranno necessarie. Non solo: con la necessità di trovare un accordo sul nuovo sistema il governo mette già in chiaro: "Si apre ufficialmente la stagione delle riforme". Che allontana il voto anticipato
Un inciucio è per sempre. Se il Parlamento non riuscisse nemmeno nei prossimi mesi a sopprimere definitivamente il Porcellum (come non c’è riuscito né in questi 10 mesi né nei 7 anni precedenti) la legge restituita dalla Corte Costituzionale dopo la “ripulitura” da premio di maggioranza e liste bloccate sarebbe vigente: un un sistema proporzionale puro, dove qualsiasi partito potrebbe conquistarsi il suo posto al sole. Alla tedesca: ma non è un “patto” con un orizzonte certo come voleva Matteo Renzi, bensì una situazione che potrebbe perpetuarsi per sempre. Per colpa dei partiti che hanno lasciato in vita la porcata fino all’approdo all’esame della Consulta, ora si tornerà al sistema elettorale di oltre vent’anni, pre-referendum del 1993: in sostanza si torna all’odore di pentapartito, governi balneari, maggioranze composte dopo il voto. Dal Porcellum al Pantanum, per usare l’espressione del democratico Ivan Scalfarotto.
Niente di molto diverso da quanto accaduto con Mario Monti ed Enrico Letta a Palazzo Chigi, ma in questo caso si tratterebbe di una situazione senza limiti di tempo. A meno che finalmente si metta mano almeno a un’uscita di sicurezza. Cioè il Mattarellum per il quale – già da oggi – ci sarebbe la maggioranza sia alla Camera e al Senato: il centrosinistra (Pd, Sel, Scelta Civica più o meno intera) più il Movimento Cinque Stelle, visto che Beppe Grillo ha già dato il via libera. Si tratterebbe di fare qualche camouflage al Mattarellum per come lo conosciamo, ma già sarebbe una clausola di salvaguardia. Certo, i primi riflessi del Parlamento non sono proprio il massimo: il Movimento Cinque Stelle ha chiesto di convocare una conferenza dei capigruppo alla Camera per fissare il prima possibile la discussione sulla legge elettorale e questa è stata respinta dal voto dell’Aula. Ad ogni modo se venisse approvato almeno il ritorno alla vecchia legge elettorale si dovrebbe andare al voto subito, perché il Parlamento a quel punto sarebbe doppiamente “illegittimo” (politicamente). L’altra strada è trovare un accordo in Parlamento per un sistema elettorale nuovo di zecca.
Ma qui ognuno ha il suo preferito da coccolare: il Pd (e pochi altri) sono per il doppio turno, i 5 Stelle hanno proposto ai propri attivisti un proporzionale, Forza Italia non è chiaro cosa voglia ma con il Porcellum si sentiva molto a casa. E in questo caso – con trattative stanche e farraginose – chi ne guadagnerebbe? “Ora sono venuti meno gli alibi di chi voleva utilizzare l’incertezza della legge elettorale per votare subito – dice il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello – Questo al Paese non serve. Si apre invece ufficialmente la stagione delle riforme”. E della caccia aperta allo spettro delle elezioni anticipate.
L’occasione fa il governo duraturo: mercoledì prossimo il capo del governo Letta si ripresenterà alle Camere per chiedere – per l’ennesima volta – la fiducia del Parlamento, così come richiesto dal presidente della Repubblica. Lì il presidente del Consiglio fisserà di nuovo il perno del programma della nuova maggioranza sulle riforme, compresa quella elettorale. Letta d’altronde ad aprile aveva promesso che quella di due mesi prima era stata l’ultima volta degli italiani alle urne con il Porcellum. I destini dell’esecutivo, delle larghe intese e della legge elettorale sembrano sempre più annodati tra loro.
Si spiega così la furia – raccontata in fotocopia da tutti i giornali – del sindaco di Firenze: “Se vogliono far finire questi vent’anni tornando indietro, mi sembra una scelta discutibile”. Stefano Ceccanti, costituzionalista ed ex senatore Pd, conferma: “Qui si restaura il sistema della preferenza unica con un sistema proporzionale che risale agli anni 1991 e 1992. Nessuno vince le elezioni. C’è una garanzia di ingovernabilità. Si crea un sistema che tende alla ‘grande coalizione permanente'”. E’ chiaro che Renzi – che vuole fare di tutto per arrivare un bipolarismo che sia il più netto possibile – si innervosisce. Anche per un altro motivo: c’è il sospetto che con questa mossa della Consulta abbia firmato un’assicurazione sulla vita per il governo delle larghe intese. E buonanotte alla corsa verso la segreteria vista come corsa verso Palazzo Chigi. E restano “sconfitti” anche lo stesso Berlusconi e Grillo, che confidavano nel grimaldello Renzi per andare alle urne il prima possibile.
Per cercare un sistema alternativo al proporzionale puro (l’ex Porcellum) e al Mattarellum eventualmente modificato la strada d’altra parte ha una pendenza da gran premio della montagna. A maggior ragione appare tutto più complicato se si leggono le parole di Roberto Giachetti, il vicepresidente della Camera e “eroe” anti-porcata da anni: il suo sciopero della fame prosegue (è il terzo in 6 mesi e dura da due mesi). Secondo il deputato renziano non è solo il centrodestra a rallentare l’abolizione del Porcellum: “La Finocchiaro (presidente della commissione Affari istituzionali del Senato, ndr) prima di andare in vacanza, ha fatto calendarizzare in Senato la riforma elettorale, scippandola, di fatto, alla Camera – dice a Repubblica – In agosto, però, non hanno fatto nulla, alla ripresa di settembre neppure. Sono passati quattro mesi e non hanno approvato neppure un ordine del giorno”. E a quel punto, continua, è entrata in gioco una “schizofrenia politica: sia ben chiaro, mi assumo la responsabilità di quel che sto dicendo. La presidente Finocchiaro, contro il parere del capogruppo del Senato Zanda, ha fatto un blitz, convocando oggi pomeriggio (ieri, ndr), la commissione per costituire un comitato ristretto”. Obiettivo: “Prendere, e perdere, ancora tempo”. Giachetti è fuori da ogni sospetto: il 29 maggio (oltre 6 mesi fa) aveva proposto una mozione alla Camera che diceva una cosa semplice. Via il Porcellum, torni il Mattarellum. I sì furono il suo, quelli dei Cinque Stelle e di Sel e il testo fu sepolto sotto i no del suo stesso partito (il Pd) e degli altri della maggioranza creata da Napolitano. Letta aveva proposto di ritirare la proposta o “in caso contrario darò parere contrario a quelle mozioni che entrano troppo nel merito” del percorso istituzionale. E siamo arrivati al punto che siamo.