Dove la linea 1 della metro di Napoli termina la sua corsa, se esci dalla parte giusta ti ritrovi a Scampia. La prima cosa che noti sono i due manifesti affissi sui due palazzi che sorgono nella piazza antistante la stazione. Sui due manifesti c’è una scritta, in uno in italiano, nell’altro in inglese, che recita così: “Benvenuti a Scampia. Basta crederci e trovi un mare di bene a Scampia”. I manifesti, che rappresentano appunto il mare e l’orizzonte, sono opera di un’artista napoletana, Rosaria Iazzetta.

Dalla piazza della stazione alle Vele ci saranno duecento metri, di una via larga, di una via colorata di bianco e di azzurro, di una via che a dispetto della storia mi trasmette tranquillità.

E’ il giorno in cui inizia ufficialmente il “Laboratorio Mina”, dopo  mesi di lavoro con alcune associazioni dell’area nord e del centro storico di Napoli: Comitato delle Vele, (R)esistenza Anticamorra, Insurgenzia, Figli del Bronx, Socialmente Pericolosi. Ma anche con Sky, con Cattleya, con il Comune di Napoli, con l’ottavo Municipio, con la Film Commission campana. E con il fratello di Gelsomina Verde, una delle tante vittime innocenti della camorra, a cui si è deciso di intitolare il Laboratorio. Ho fortemente voluto che questo Laboratorio si tenesse dentro le Vele, nella sede del Comitato di lotta. E tutti mi hanno appoggiato in questa idea. Cercheremo, nei prossimi quattro mesi, di avviare  una trentina di ragazzi napoletani alla conoscenza teorica e pratica di un cinema di finzione e documentario che tenti di indagare la realtà, in contrapposizione all’idea di spettacolarizzarla. E realizzeremo cinque cortometraggi che Sky manderà in onda contemporaneamente alla serie Gomorra.

E’ il giorno in cui se qualcuno mi chiedesse perché continui a fare il lavoro che faccio nel modo in cui lo faccio, risponderei: anche perché oggi posso contribuire a far nascere e crescere questo Laboratorio. Che per me significa trasmettere la voglia di sognare, gettare uno sguardo verso il futuro, fare politica. Ed essere in un territorio per me naturale. Perché tanti anni fa, quando il cinema era ancora un sogno, mi ritrovai in una salotto romano, con ragazzi che ora sono diventati chi critico, chi scrittore, chi regista, a sentire parlare di cinema. E a capire che il mio mondo non era quello, pur volendo io continuare a sognare di fare il cinema. Quella sera coniai una delle mie frasi ricorrenti: in più di due è una festa, ed io alle feste non vado. E in quel salotto, che pur era di un mio amico, non ci misi mai più piede. E ho cercato, e forse ci sono riuscito, di fare un cinema che mi portasse lontano da lì. Che mi portasse oggi a Scampia. Con il sogno e l’utopia di riuscire a ripartire da qui con qualche nuovo compagno di viaggio.

E’ il giorno in cui Pit, uno dei partecipanti al Laboratorio, mi viene a prendere alla stazione della metro e vuole accompagnarmi a piedi al Comitato, alla sede del nostro Laboratorio. “Sai, è meglio che vieni con me. Perché qui se qualcuno non ti conosce con quella faccia ti può scambiare per un poliziotto”, detto nella lingua più bella del mondo. Rido. Guardo Pit. “Tu dici?”. Pit mi fa segno  di sì con una quasi rassegnata convinzione negli occhi. E allora sorrido. E mi avvio a fianco di Pit verso le Vele, verso il nostro Laboratorio.

 

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