Cronaca

Un’auto d’epoca da Palermo a Mondragone per sancire l’alleanza tra camorra e mafia

C’è un asse Campania-Sicilia rivelato dall’inchiesta della Dda di Napoli sui traffici criminali del clan La Torre di Mondragone che hanno portato in carcere 35 persone. La macchina fatta arrivare da un uomo vicino a Totò Riina come dono per il matrimonio della figlia di un boss campano

La camorra dei Casalesi a braccetto con mafia dei Corleonesi. Gli accordi tra i “bufalari” e i “viddari”. Un’intesa d’affari che finisce per intrecciarsi in legami familiari e in una plateale esibizione dell’alleanza, affinché tutti sappiano e si regolino di conseguenza: la figlia del boss casalese che si sposa e arriva in chiesa a bordo di una lussuosa automobile d’epoca proveniente da Palermo. È il regalo di matrimonio di don Vincenzo La Placa. Un mafioso legato a Totò Riina.

C’è un asse Campania-Sicilia rivelato dall’inchiesta della Dda di Napoli sui traffici criminali del clan La Torre di Mondragone, culminata nei giorni scorsi in 35 provvedimenti cautelari, tra i quali un cancelliere della Procura Generale di Roma incaricato di reperire finanziatori tra politici e imprenditori di mezzo paese per il progetto di un pastificio in Costa d’Avorio nel quale riciclare i proventi della cosca.

Un lato dell’asse è a Palermo, nella famiglia La Placa. La figlia di don Vincenzo, Katia, è citata più volte negli atti. È la socia di Antonino Ciaraviello, marito di Maria Concetta Riina, la figlia di “Totò ‘u curtu”, in una società con sede a Londra. Si chiama “T&T Corporation Ltd”, è nota – si legge nel provvedimento – per i divorzi lampo”. La donna è amica di Mario Procacciante, esponente della cosca di Nitto Santapaola.

L’altro lato è a Mondragone, epicentro delle attività degli ‘eredi’ del boss pentito Augusto La Torre. Le relazioni con la Sicilia le tiene Carlo Di Meo, il reggente del clan casertano, uno dei 35 arrestati. È il padre della sposa che ha ricevuto in dono l’auto d’epoca. Telefona spesso a Palermo. È accusato di aver mosso i fili di un giro di truffe e di furti di automobili e di mezzi pesanti e di aver utilizzato per questo scopo l’amicizia e la rete di contatti con la mafia. Ma i siciliani sono astuti e parlano poco al telefono. A pagina 19 dell’ordinanza il gip Francesco De Falco Giannone scrive: “Nel corso del monitoraggio delle conversazioni, comunque, anche se per alcune vi è il sospetto della consumazione di reato, non sono emersi indizi nei confronti dei componenti della famiglia La Placa, tali da configurare ipotesi di reato a carico degli stessi, ma sufficienti per avvalorare il sospetto che anche il La Placa Vincenzo possa essere coinvolto in episodi di truffe e furti di automezzi”.

Nella stessa pagina, il giudice spiega quanto siano stretti i contatti tra Di Meo e i La Placa: “Inoltre, allorquando La Placa Vincenzo insieme alla moglie per motivi riguardanti il suo stato di salute si reca a Bangkok per sottoporsi a cure specifiche, Di Meo Carlo si mette a disposizione per qualsiasi problema la figlia La Placa Katia avesse avuto in Italia, (interessandosi in particolare per le difficoltà connesse ad alcuni operai rumeni i quali ubriacatisi avevano smesso di lavorare) ed a Cascarino Giovanni (attestanti i molteplici contatti ed incontri con interessamenti per le condizioni di salute del siciliano)”. 

C’è un recente precedente di alleanza tra esponenti delle mafie siciliane e campane. Nel novembre 2011 gli arresti dell’inchiesta ‘Arancia Connection’ disvelarono i rapporti di affari tra i Casalesi della fazione Schiavone, Gaetano Riina (fratello di Totò) e le cosche di Caltanissetta e Catania. Collegati da un comune denominatore: assicurare alla società “La Paganese”, con sede nel Casertano, il monopolio di tutti i trasporti dei prodotti ortofrutticoli relativamente ai mercati di Palermo, Trapani, Catania, Gela e Fondi, quest’ultimo considerato tra i più grandi e ricchi dell’intera Europa.