Il proporzionale, le preferenze, la Prima Repubblica. Non c’è niente di peggio, ci assicurano pressoché unanimemente protagonisti e comprimari di questa infelice, disperata e miserabile Seconda Repubblica maggioritaria, ora però costretti dalla Corte Costituzionale a staccarsi dalle mammelle dell’amato Porcellum che aveva sinora consentito loro di mettere in piedi un sistema di partiti di tipo rigidamente personale e proprietario (forse con la sola eccezione del Pd) e un Parlamento di nominati. Sì, va bene tutto – avvertono – ma bisogna salvaguardare la tendenza bipolare mostrata e conquistata dall’elettorato: come se questa “tendenza” non sia stata inventata e ingessata da una legge elettorale bipolarista, peraltro, come stanno ahimè a dimostrare i fatti, illusoria e fallimentare. Comunque, precisano, niente proporzionale (ogni testa, un voto di eguale peso? Dio ce ne scampi!) e niente preferenze (vuoi mettere con un sistema in cui comandano solo pochi capipartito?), altrimenti ripiomberemmo nella Prima Repubblica. Vogliamo forse “morire democristiani”?

Questa storia dell’immanente pericolo della “balena bianca” e della Prima Repubblica, basta pensarci un po’, è semplicemente ridicola e può avere solo un valore propagandistico ad uso e consumo di un popolo presuntivamente bue. La Dc e la Prima Repubblica erano tali, con tutte le loro caratteristiche, i molti vizi e le poche (ma poi non pochissime) virtù, in quanto figlie naturali di Yalta e della conseguente impossibilità del più forte partito di opposizione di conquistare il governo del Paese realizzando l’alternativa o perlomeno un’alternanza di governo. Venute meno Yalta e questa impossibilità, la Dc e la Prima Repubblica, per come le abbiamo conosciute e per quello che intimamente erano, non esistono né possono risuscitare. Gridare al pericolo che nasca al centro una “nuova Dc” non ha dunque alcun senso, se non miserevolmente e insinceramente strumentale. Nessuno più potrà “morire democristiano”! (ammesso e non concesso che questa ipotesi possa essere considerata peggiore di quella di “morire berlusconiano” fra pitonesse, P3 e P4, cricche e veline elevate a consigliere regionali, ministre e deputatesse europee).

Sgombrato il campo da questi immotivati pregiudizi, è bene ricordare almeno tre cose:

1) l’esito complessivo di un sistema politico non dipende da una legge elettorale o da una tipologia di legge elettorale, ma da una serie concomitante di fattori quasi sempre più incisivi, quali la storia, il costume e l’economia di un paese;

2) più ci si allontana dal sistema elettorale base, il proporzionale puro, più le norme escogitate sono inevitabilmente al servizio di strategie e interessi specifici;

3) qui ed ora, il sistema elettorale ideale dovrebbe garantire un solido equilibrio fra quelle che dovrebbero essere le sue due finalità, ambedue ineliminabili: la rappresentatività e la governabilità. E’ ampiamente dimostrato dai fatti storici anche più recenti, anche in Italia, che quando vince la tentazione di concentrarsi su una di queste due finalità, sacrificando l’altra, si è avuto una democrazia illusoria e devastante o al contrario una governabilità altrettanto illusoria e devastante;

4) certo, le “preferenze”, insieme alla virtù basilare di consentire la decisione diretta del singolo elettore su ogni singolo candidato, hanno mille difetti, si espongono a manipolazioni, commerci e infiltrazioni. Ma anche il sistema alternativo delle “liste bloccate”, insieme alla virtù di bloccare gli intrallazzi delle mafie locali, ha il difetto di consentire gli intrallazzoni delle cupole mafiose centrali. Esisterebbe una terza via: i collegi uninominali. Ogni partito presenta un candidato, l’elettore sceglie un candidato/partito, chi prende più voti viene eletto. Il sistema sarebbe virtuoso: se vuole raccogliere voti, si  sostiene, ogni partito cercherà di scegliere il candidato migliore e più apprezzabile. Ma la realtà e l’esperienza anche in Italia, anche nella Prima Repubblica, ci dicono che questo non avviene sempre…

E’ inutile criminalizzare un sistema o l’altro. Bisogna solo scegliere quale “virtù” garantirsi e a quale prezzo, e quale “difetto” evitare senz’altro e a quale prezzo. 

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