Cinque anni per distruggere un’intera economia. Vent’anni per recuperarla. A Madrid bisognerà aspettare esattamente due decadi – fino al 2033 – quando l’economia spagnola sarà in grado di creare di nuovo posti di lavoro e tornare ai buoni ritmi di crescita degli anni pre-crisi.
A dirlo, proprio quando arrivano i fiduciosi dati di novembre che registrano un calo della disoccupazione dopo ben 17 anni, è stato il report di PriceWaterhouse Coopers , presentato al ministro dell’Economia iberica Luis de Guindos. Un lavoro che si basa sulle analisi dell’economista Juan Carlos Collado, della Berkeley University della California, presentato dall’ex ministro dell’Amministrazione pubblica, Jordi Sevilla e dal presidente di Pwc in Spagna, Carlos Mas.
“La Spagna riuscirà solo nel 2033 a raggiungere la media dei tassi di disoccupazione dei Paesi vicini, posizionandosi al 6,8 per cento. Ma in questo scenario ci vorranno 15 anni per portare il tasso sotto il 10 per cento e 20 anni per tornare a creare il lavoro, distrutto dalla crisi economica”, si legge nel documento intitolato ‘L’economia spagnola nel 2033’. Uno studio realizzato a partire dalle previsioni su distinti scenari come Pil, lavoro, fattori di crescita, utilizzando una metodologia simile a quella impiegata da organizzazioni come la Ocse nel suo report ‘Long-term growth scenarios’.
Secondo le prospettive del report, che fa parte del progetto “Spagna 2033” e cerca di anticipare il panorama post-crisi con un gruppo di esperti chiamato ‘Club’33’ , il tasso di disoccupazione nazionale non arriverà a sfiorare nemmeno il 10 per cento prima del 2024. Senza contare il tasso di crescita che, secondo il Pwc, a Madrid non supererà il 2 per cento all’anno, fino al 2033.
Il ministro Guindos non sembra aver dato molta importanza alla serie infausta di dati: “Sono convinto che, così come i primi studi non capirono l’intensità della crisi, nemmeno questo report ha colto la forza delle ripresa che si sta per verificare”, ha detto dopo aver ammesso che la Spagna ha superato la seconda recessione, ma non è uscita dalla crisi: “C’è ancora molta strada da fare e servono misure addizionali per consolidare l’inizio di una ripresa economica, perché il problema della disoccupazione in Spagna è molto grave”.
Il documento però, oltre a focalizzarsi sul Paese iberico, presenta anche un quadro generale dell’economia europea: tutta in declino. “Nel 2033, il Pil mondiale sarà quasi il doppio di quello attuale (crescerà un 82 per cento) e l’Unione europea nel complesso avrà perso il 25 per cento del suo peso. La Cina avrà triplicato i suoi dati economici e nel 2020 avrà superato già gli Stati Uniti in termini assoluti, tranne che sul Pil pro capite”, si legge ancora nelle oltre cento pagine, presentate al ministero dell’Economia.
“Le proiezioni sulla popolazione e il Pil – continua lo studio – mostrano un pianeta dove il 90 per cento degli abitanti vivrà in Paesi sviluppati e produrrà il 67 per cento dell’economia globale, mentre il 10 per cento restante della popolazione avrà accesso solo a un 33 per cento del Pil”.
Insomma, gli scenari economici delineati da PriceWaterhouse Coopers hanno pochi segni positivi. Anche se il presidente Carlos Mas ha ricordato, proprio nella presentazione, che “il futuro non è certamente scritto. L’analisi però ci aiuta a disegnare uno scenario possibile dei prossimi anni e allo stesso tempo a identificare quali sono le misure che aumentano la probabilità che questi ipotetici scenari possano favorirci”.
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