Cultura

Il lato ‘politico’ di Padre Pio e quel no alla riforma agraria di Alcide De Gasperi

Nel libro 'Da Pietrelcina. L’altro Padre Pio' del giornalista Luigi Ferraiuolo è descritto per la prima volta l'impegno civico del frate e il suo rapporto non proprio idilliaco con i potenti, tra cui un giovane Giulio Andreotti

di Francesco Antonio Grana

Padre Pio è vendicativo”. Parola di Giulio Andreotti che fu nemico del frate di Pietrelcina salvo poi, dopo la sua morte avvenuta nel 1968, ‘convertirsi’ e arrivare persino a scrivere una lettera a Giovanni Paolo II nel 1984 per chiedere di accelerare i tempi della canonizzazione di padre Pio, che però arriverà soltanto nel 2002. Fino a oggi del cappuccino del Gargano si conoscevano soltanto le schiere di figli spirituali e di devoti in tutto il mondo, i miracoli, il dono della bilocazione e soprattutto quello ancor più misterioso delle stimmate, contestatogli in vita da padre Agostino Gemelli. Ma del padre Pio ‘politico’ non si è mai saputo nulla. A raccontare la storia inedita del frate democristiano che attraverso i ‘suoi’ deputati orientava le decisioni della Dc e di Montecitorio è il giornalista di Tv2000 Luigi Ferraiuolo autore del volume Da Pietrelcina. L’altro Padre Pio (La Fontana di Siloe) appena uscito in libreria e che ilfattoquotidiano.it ha letto in anteprima.

All’origine del duro scontro tra il frate di San Giovanni Rotondo e il ‘divo’ ci fu la riforma agraria voluta da Alcide De Gasperi, di cui Andreotti fu, come scrive Ferraiuolo, “allievo e pupillo ma anche braccio armato”, e che per questo motivo, pur avendo avuto “centinaia di occasioni per incontrare padre Pio quando era in vita”, non lo fece mai. Contrariamente alla vulgata che è stata tramandata per decenni, il frate del Gargano “aveva – scrive Ferraiuolo – una fortissima carica civica oltre alle straordinarie preoccupazioni pastorali”. “Il no di padre Pio sulla riforma agraria – annota il giornalista di TV2000 – arrivò a De Gasperi forse proprio per bocca di Andreotti, allora sottosegretario alla Presidenza del Consiglio”. Come emerge dal volume, padre Pio era convinto che la nuova norma così come veniva prospettata e in parte attuata dal governo De Gasperi non sarebbe stata una buona cosa per la gente comune. “In realtà – sottolinea Ferraiuolo – il frate riuscì a far inserire delle modifiche anche se minime”.

Nelle lettere ai parlamentari Giuseppe Galati e Gerardo De Caro, suoi figli spirituali, il frate espresse riserve sul “modo con cui si è fatta e si vuole fare la riforma. Scontenterete tutti!”. E proprio per evitare che ciò avvenisse padre Pio chiese ai suoi amici di intervenire. Fu proprio De Caro, dal frate definito “il mio deputato e guai a chi me lo tocca”, a farsi portavoce all’interno della Dc dell’opposizione verso la riforma agraria così come era stata concepita e ciò gli causò l’espulsione dal partito nel 1951 dopo aver pronunciato alla Camera un lunghissimo discorso contro il provvedimento. Nel 1953 De Caro, spinto da Padre Pio, si ripresenterà alle elezioni politiche nelle liste del Partito Cristiano Militante ottenendo 99 voti a Foggia e 203 in provincia per poi abbondare definitivamente la politica attiva.

Padre Pio non si concentrò soltanto sul fronte nazionale ma fu sempre impegnato a “fare” i sindaci di Pietrelcina e di San Giovanni Rotondo come ricostruisce Ferraiuolo con dati incontestabili. Proprio grazie al frate cappuccino, infatti, la Dc riuscì a conquistare il comune del paese natale di Padre Pio che era sempre stato governato da amministrazioni liberali. “Durante tutta la sua permanenza a San Giovanni Rotondo – racconta Ferraiuolo – Padre Pio non ha mai perso di vista la sua vita civica e quando c’erano dispute o scontri all’interno del consiglio comunale è stato sempre l’ultima istanza a cui amministratori e politici si rivolgevano, riconoscendone la primazia morale, per comporli e per individuare le scelte migliori per il bene comune”.

Significativo è ciò che avvenne nel 1966. Non c’era ancora l’elezione diretta dei sindaci ed era il consiglio comunale a scegliere il primo cittadino tra i consiglieri. I candidati erano due e poiché i consiglieri non si decidevano, si rivolsero a Padre Pio. Si riunirono in un’aula del convento di San Giovanni Rotondo e quando il frate entrò disse in modo schietto e rapido a uno dei due aspiranti sindaco, Attilio Massa, che avrebbe dovuto farsi da parte per far eleggere Giuseppe Sala, medico e tra i responsabili di Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale voluto proprio da Padre Pio. E così avvenne. Nonostante le sue critiche alla Dc, però, il frate del Gargano indirizzava sempre i suoi devoti a votare per la Democrazia Cristiana. Una volta andò da lui a lamentarsi una persona: “Padre ho votato la Dc nel ’48 e mi hanno deluso, l’ho votata nel ’53 e lo stesso ci sono tanti problemi”. Ma Padre Pio non volle sentire ragioni: “Questi almeno hanno già mangiato, gli altri che vengono devono ancora mangiare”.

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