Politica

L’armata Brancaleone che vuole uscire dall’Europa

Stiamo vivendo una stagione paurosa perché incomprensibile. Ci sono interessi, ma di chi? C’è una volontà distruttiva, ma perché? Sopraggiunge una sentenza che nessuno sa interpretare: prescrive che ciò che denuncia non si possa cambiare, dice agli eletti che non possono né restare né andare, agli elettori che non hanno eletto nessuno, ma che non devono tornare a votare, perché voterebbero di nuovo nessuno. Il governo è obbligato a restare. Ma deve restare fermo, pena la illegittimità di ogni decisione. Può deragliare un treno. Ma tutti i treni?

I colpi della vendetta puntano in alto e vogliono impeachment. Ma se decidono di agire, colpiscono in basso, per esempio la caccia ai giornalisti (dove “basso” significa senza potere) che evoca brutte memorie. Perché anche una dose minima di potere, a quanto pare, è già veleno e incita subito a comportamenti prepotenti e sbagliati, dove vige la determinazione ferma di stare alla larga da problemi durissimi (lavoro, scuole, ospedali, sopravvivenza) e di occuparsi solo di se stessi, cercando subito la punizione per chi dice male, la minaccia purché apocalittica, e l’autocelebrazione (“soltanto noi…”) nel vuoto? 

Per esempio l’Europa. Si sta creando un corteo (Bossi, Maroni, Salvini, Borghezio alla testa, subito dopo Berlusconi e i suoi economisti Fitto, Capezzone, Santanchè, ma poi tanta gente, tutta diversa e stranamente aggregata) che preme alle porte dell’Unione per uscire. Ma fuori non c’è niente.
È il primo caso di rivoluzione non per prendere il palazzo ma per abbandonarlo, con l’adolescente incoscienza di chi non si domanda: sì, e dopo? Come garanzia di questa fuori uscita che potrebbe anche rendere insensato il voto (almeno il voto italiano) per il Parlamento europeo, ci sono esperti senza esperienza e scout che non vedono nel buio (e infatti non rivelano e non promettono niente, solo una strana arca di Noè con cui abbandonarsi al destino), perché non ci sono (e nessuno ti promette che ci siano) mappe di navigazione. Hanno argomenti forti (l’Europa è gretta, contabile, forse piegata agli interessi dei più grossi, che sono anche i più prepotenti) ma tutti negativi. E nessun progetto per il dopo abbandono. Per esempio l’euro. Si può capire un tedesco che rimpianga il marco. Ma la lira?

Qualcuno vuole la lira, quelle palline di carta che ci si scambiava con sfiducia, disprezzo e un po’ di vergogna, se dovevi cambiare all’estero, che erano le banconote da mille lire, pari al valore di quasi niente delle altre monete del mondo, rupie incluse ? Come in un mercatino sempre più mal frequentato, si presentano “nuovi esperti”, economisti dello stesso tipo del dottor Vannoni della cura staminale, dello stesso tipo del mai dimenticato dottor Di Bella, sponsorizzato da An, La Russa, Gasparri (era giusto, data l’incompetenza totale) e ti presentano con fervore non tanto l’opzione di tornare alla lira, quanto la bellezza di uscire dall’euro.

L’idea è di radunarsi tutti fuori dalla porta, proprio mentre siamo i più deboli, dopo vent’anni di malgoverno (diretto e indiretto ma praticamente mai interrotto, a causa del continuo collaborazionismo di cui il Berlusconi beneficiava da ogni parte, specie dalla sua opposizione). Ma ci dicono di avviarci alla nuova avventura in una compagnia che comprende Lega, Berlusconi e Cinque Stelle. Possibile che Cinque Stelle non veda l’assurdo di una decisione che ti aggrega con ciò che resta dell’ex Berlusconi)? Possibile che la decisione nuova e saggia sia tagliarsi i ponti alle spalle mentre – nel migliore dei casi – siamo un Paese di piccole e medie imprese (a volte geniali) grande turismo, e che, per questo, abbiamo bisogno, come Charlie Brown, di tutti gli amici che riusciamo ad avere, a cominciare dalla vita dentro l’Unione europea che ci aiuta, almeno, a tenere a freno la corruzione?

Secondo la versione del grande esodo, i nemici sono due: l’Europa burocratica, e il governo Letta-Napolitano. È strano, per quanto riguarda l’Europa, che non si sia mai riflettuto sul presidente della Commissione Barroso, un piccolo uomo di una destra sconfitta che non ha mai e non potrebbe mai rappresentare nulla. Non è l’Europa e non è eterno.

Evidentemente Radio Radicale trasmette invano le conversazioni domenicali di Pannella, in cui, fino alla noia, il vecchio leader torna a spiegare cos’era davvero il manifesto di Ventotene, la statura e grandezza di Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, Eugenio Colorni, i tre Nelson Mandela europei che hanno concepito l’Europa durante la prigione e il fascismo, e che hanno lasciato ben altra eredità ai futuri cittadini europei. Ma quella eredità c’è ancora, basta prenderla, grida, dice, predica, ogni domenica notte Pannella. 

 Ti fa capire che non si può uscire dalla Storia, come in quel divertente varietà inglese di tanti anni fa, Fermate il mondo, voglio scendere!. Una parte di verità ci sarà detta oggi dall’esito (e soprattutto dal numero di votanti) delle primarie Pd. Per esempio si capirà se il governo pietrificato si sta sciogliendo sotto un minimo di calore dei cittadini che partecipano, e non solo non vanno via, ma cercano di contare qui, adesso.

Il Fatto Quotidiano,  8 Dicembre 2013