Davvero bisognerebbe che noi genitori, padri e madri, ci scambiassimo trame, ma soprattutto suggerimenti, tecniche e piccoli stratagemmi. Che facessimo una piccola alleanza. Provo a dirvi le mie idee: seguendo il ritmo dei respiri e degli sguardi di Luca ho imparato che uno degli ingredienti fondamentali è l’attesa. Più della trama. Occorre disseminare il percorso di piccoli indizi, di sassolini che i bambini seguano per arrivare alla meta. Da soli. E i personaggi: non è necessario che siano invincibili, anzi, ai bambini piacciono anche i deboli, gli sconfitti. Più che a noi.
Ma bisogna tratteggiarli con cura. Un paio di baffi, una pipa, i pantaloni bucati e il passo incerto. Ogni personaggio deve avere un ruolo, come in fondo dovrebbe essere nella vita. Ma uomini e donne non possono galleggiare nel vuoto, devono muoversi in un ambiente ricco di colori e di luci. Quelle tinte che noi forse non riusciamo più a vedere e che le favole ci aiutano a riscoprire.
E poi il tocco finale, me l’ha suggerito mio marito: le favole devono essere epiche, mi dice, mentre racconta l’epopea di una piccola squadra di pallone come fosse la conquista della luna. L’epica, chissà forse anche l’Iliade e l’Odissea a loro modo erano grandi favole. É una cosa seria, la favola, mi dico: mi accompagnano ancora quelle che mi raccontavano i miei genitori, i cugini Nino e Umberto, o la tata Cavel. Una cosa seria, Luca conserverà le mie parole.
Intanto provo a raccogliere le idee per la favola di questo lunedì mattina, mentre andremo a scuola. Davvero queste storie mi aiutano a trovare una trama, quasi un senso nelle nostre giornate. Danno dignità e grandezza alle piccole cose. Servono anche a me. E penso a tutti voi che in questo momento raccontate ai vostri figli.
Il Fatto Quotidiano del Lunedì, 2 Dicembre 2013