Sì probabilmente moriranno tutti di caldo ma, i tifosi che avranno la forza di seguire la nazionale italiana in Amazzonia, potranno fare shopping nella “zona franca” di Manaus, la capitale del remoto stato, dove i brasiliani comprano profumi e prodotti elettronici privi d’imposte. Non è certo una consolazione, soprattutto per la ricca corte che segue i calciatori della nostra selezione, la quale affronterà a giugno l’Inghilterra nella prima partita del proprio girone, in cui giocheranno, per la prima volta nella storia calcistica, tre nazionali campioni del mondo con ben sette mondiali nell’albo d’oro.

Manaus è lontana dal resto del Brasile e dall’interminabile protesta che ha terrorizzato i famigliari degli azzurri, ma soprattutto la Fifa, durante la Confederations Cup, quando a giugno i black bloc hanno incendiato banche e altri simboli del consumismo sfrenato che ormai tormenta 140 milioni di elettori i quali andranno a votare obbligatoriamente il prossimo cinque ottobre in Brasile.

Sì i brasiliani eleggeranno non solo il nuovo presidente della Repubblica, ma anche governatori, deputati e senatori; e lo faranno dopo il campionato mondiale, qualcosa che mette in ansia la Fifa e il governo Rousseff, i quali temono che i dimostranti, com’è accaduto con la visita di Francesco, il papa, possano cogliere l’occasione del World Cup per attrarre l’attenzione del mondo sulla protesta. Si sa il calcio è una passione nazionale, ma per la prima volta non è sufficiente a nascondere la preoccupazione di milioni di brasiliani, i quali si chiedono già che cosa accadrà al Brasile e alla sua economia flagellata dalla speculazione economica a seguito dei mondiali dopo il fischio finale al Maracanã di Rio  de Janeiro.

 

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