Il Parlamento europeo non approva una risoluzione sulla “salute e diritti sessuali e riproduttivi” nella quale si stabiliva, tra le altre cose, il diritto “all’aborto sicuro e legale” in Europa. La votazione è stata preceduta da mesi di dura campagna dei no-aborto che avevano già fatto slittare il voto lo scorso ottobre. Sotto il loro fuoco la definizione di aborto come diritto, ovvero il contenuto della relazione dell’eurodeputata Edite Estrela (portoghese, socialista), che si proponeva principalmente di promuovere un’educazione sessuale adeguata per bambine e bambini, stimolare attivamente la prevenzione di gravidanze indesiderate e garantire un accesso equo alla contraccezione e all’aborto sicuro e legale in un’ottica di lotta alle discriminazioni di genere.
Proprio questo ultimo concetto ha scatenato le ire di associazioni e attivisti più conservatori che, noncuranti delle altre disposizioni della risoluzione (salute sessuale, prevenzione malattie, educazione), hanno portato dalla loro la maggioranza degli eurodeputati (popolari e conservatori) protagonisti dell’approvazione di un testo più neutro per quanto riguarda l’aborto. “I conservatori oggi, unendosi con la destra estrema, hanno aperto un fronte contro i diritti fondamentali di dignità, libertà, uguaglianza e non discriminazione – ha detto la Estrela, secondo la quale “l’accesso alla contraccezione, all’educazione sessuale, alla sanità e alla pianificazione familiare aiutano concretamente le donne a scegliere quando avere un figlio, riducono le gravidanze in età adolescenziale e aumentano l’istruzione femminile”.
L’eurodeputata, dopo aver parlato di “vergogna” in Aula, ha rifiutato che sul nome della relazione approvata venga scritto il suo nome. Eppure molte associazioni, dalla European women lobby all’European parliamentary forum on population and development, avevano espresso il loro aperto supporto al rapporto Estrela parlando di “gruppi religiosi estremisti che rappresentano solo una piccola percentuale della società europea”. Anche Amnesty International aveva giudicato il testo come “un atto di forte consenso politico, capace di assicurare nel futuro il positivo sviluppo del diritto degli individui di controllare le proprie scelte sessuali e riproduttive, la loro integrità e dignità fisica, nonché la libertà dalla violenza, dalla coercizione e dalla discriminazione”. Ma a Bruxelles e Strasburgo il testo Estrela non ha avuto vita facile.
Lo scorso 22 ottobre le frange più conservatrici del Parlamento europeo hanno ottenuto il rinvio del voto, rimandando il testo alla commissione per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere. Una prassi piuttosto bizzarra per un testo che non è legislativo ma sul quale lo scontro è evidentemente acceso. Oggi la bocciatura dei passaggi più contestati. Eppure nel testo originale si leggeva che “le motivazioni per autorizzare un aborto possono comprendere il fatto che la vita o la salute fisica e/o mentale della donna siano in pericolo, in caso di malformazioni del feto, di stupro o per ragioni mediche o socio-economiche”.
Sta di fatto che il fronte anti aborto, oltre che al Parlamento europeo, sta crescendo in tutta Europa. L’iniziativa di legge popolare da un milione di firme “Uno do noi” ha raccolto ben 1 milione e ottocento mila firme per chiedere la “protezione giuridica della dignità, del diritto alla vita e dell’integrità di ogni essere umano fin dal concepimento nelle aree di competenza Ue nelle quali tale protezione risulti rilevante”. Obiettivo della petizione è chiedere all’Ue di “introdurre un divieto e porre fine al finanziamento di attività presupponenti la distruzione di embrioni umani in particolare in tema di ricerca, aiuto allo sviluppo e sanità pubblica”. La petzione è attualmente allo studio della Commissione europea. Oggi l’aborto è legalmente consentito su richiesta in venti Stati membri.
Tre Stati membri (Gran Bretagna, Finlandia e Cipro) consentono un’interpretazione molto ampia delle motivazioni che possono comportare restrizioni, mentre in altri tre Stati membri (Irlanda, Polonia e Lussemburgo) un’interpretazione restrittiva delle motivazioni e la generale opposizione o il timore di eseguire aborti hanno determinato una situazione in cui gli aborti legali segnalati avvengono assai di rado, o per nulla. Malta è l’unico Stato membro in cui l’aborto è vietato per legge senza eccezioni. In Italia l’aborto è sancito dalla legge 194, voluta dai cittadini con referendum, ma una recente inchiesta de L’Espresso riferisce di come sette ginecologi su dieci sono ormai obiettori di coscienza.