Si può pensare quello che si vuole delle proteste innescate dai “Forconi“, ma la strada più rischiosa è quella della semplificazione e della riduzione delle tensioni ad una pura questione di ordine pubblico.
Non vi è dubbio che in quel movimento ci sia tutto e il contrario di tutto, e probabilmente c’è anche chi soffia sul fuoco, nella speranza di trarne un immediato vantaggio in termini di visibilità e di consenso elettorale. Gli apprendisti stregoni, qualsiasi sia il loro colore, rischiano di farsi male, perché le cause del disagio sociale sono profonde e chi protesta esige risposte e non balconi mediatici.
Per altro le ragioni di quelli che manifestano oggi non sono e non saranno analoghe a quelle di chi protesterà e scenderà in sciopero nelle prossime settimane; perché il disagio è comune, ma le richieste e le rivendicazioni non sono le stesse, tra chi è piccolo imprenditore, chi commerciante, chi operaio, chi studente, chi non garantito, chi immigrato. Sono mondi e movimenti diversi che i media dovrebbero provare ad interpretare, a rappresentare e a non strumentalizzare ad altri fini. Perché mai, per fare un solo esempio, le armate mediatiche di proprietà di Berlusconi hanno ora scoperto il disagio e la miseria e sono diventate il megafono di ogni forma di protesta contro lo Stato ed il governo?
Sino a qualche mese fa i medesimi negavano addirittura che la crisi esistesse, tanto per non disturbare le “cene eleganti” del padrone. Perché mai, invece, altri Tg, anche del servizio pubblico, hanno indossato la mimetica e dietro ogni forcone già vedono camice nere, mafia, camorra, ed ogni tipo di nefandezza?
Non sarà invece il caso di raccontare gli eventi, di dare voce al disagio, e non solo a quello di queste ore, di raccontare le diverse forme di lotta in atto e che non sono certo riducibili ai soli posti di blocco? Naturalmente dando spazio anche a chi non condivide modi, forme e linguaggi di queste proteste.
Se fosse possibile sarebbe, infine, il caso di evitare tutti di usare ogni riferimento alla “Marcia su Roma“. In queste ore abbiamo ascoltato e letto espressioni quali: “Pronta la Marcia su Roma”, “Rinviatala Marcia su Roma”, “Serve la Marcia su Roma”, per onestà bisogna aggiungere che questi riferimenti sono più dovuto alla malizia dei commentatori, che non alla comunicazione di chi promuove le proteste.
Sia come sia, sarà il caso di cancellare questa oscenità dal nostro linguaggio, perché, in questo paese, la marcia su Roma ha un significato preciso, un miserabile pregresso, una squallida coreografia, pessimi interpreti; tutta robaccia da non evocare, neppure per il gusto della provocazione, neppure per esigenze di sintesi giornalistica.