I dati della direzione territoriale del lavoro rivelano una difficile realtà dove il sommerso fa da padrone: nel 2013 il 64% delle attività svolte non erano in regola a fronte del 40% nel 2012. A preoccupare anche il dato che riguarda l'occupazione in significativa diminuzione
A Rimini il lavoro nero non conosce crisi. È quanto si scopre leggendo i dati della direzione territoriale del lavoro sull’attività ispettiva svolta nei primi nove mesi del 2013. Le indagini sono state effettuate in quattro settori: agricoltura, industria, edilizia e terziario. Su 1177 posizioni lavorative verificate sono 523 gli occupati a cui sono state riferite irregolarità di vario tipo, dal lavoro in nero, a una parte di stipendio percepito fuori busta, al giorno di riposo non fruito. Ma è proprio il lavoro sommerso, nella rilevazione 2013, a farla da padrone con il 64% delle irregolarità, punite con 337 maxisanzioni. Lo stesso dato nel 2012 si attestava al 40% (357 sanzioni su 1936 situazioni lavorative analizzate). In un anno insomma si è allargata la forbice tra aziende regolari e irregolari: oggi sono un po’ di più le imprese che operano nel rispetto delle norme di legge, ma di contro, quelle che non vi ottemperano, compiono illeciti più gravi rispetto alla tendenza riscontrata fino a due tre anni fa, quando il quadro iniziò a cambiare.
“Il dato è duplice -commenta Nadia Rossi, assessore al lavoro del Comune di Rimini. L’elemento positivo da leggere è quello della percentuale delle aziende regolari; quindi possiamo pensare che l’attività di controllo tout court dia dei risultati e che stia crescendo, nelle imprese, una maggior consapevolezza. Il secondo dato invece è grave, ci mostra che non c’è, in questi casi, neanche la pur minima attenzione al lavoro, ai diritti, al salario e ai contributi, per non parlare della sicurezza”.
Alla fine del 2012 l’amministrazione guidata dal sindaco Andrea Gnassi dimostrò di aver preso atto della “necessità di contrastare il lavoro nero” che in Riviera è “un fenomeno non circoscritto”, come ammette l’assessore Rossi. Fu il prefetto Claudio Palomba a far sedere a un unico tavolo rappresentanti delle istituzioni, forze dell’ordine, associazioni di categoria, agenzia delle entrate, Ausl e direzione territoriale del lavoro. Lo scopo era di far dialogare soggetti generalmente poco collegati fra loro, in modo da eseguire controlli condivisi e mirati. Il tavolo venne aperto anche all’associazione Rumori sinistri e al comitato Schiavi in Riviera, che hanno insistito sull’importanza di contrastare il “lavoro gravemente sfruttato”, quello in cui ricadono i lavoratori giunti in Italia già con un debito da saldare. Sembrava allora di avere gettato i semi per una nuova politica, trasversale, di contrasto al lavoro illegale, ma che ne è stato dei buoni propositi di fine anno? Come emerge dai dati, la situazione non è radicalmente cambiata, ma qualcosa è stato fatto, almeno secondo l’assessore Rossi che ricorda: “Sono stati firmati nel 2013 tre protocolli, uno sul lavoro irregolare in edilizia, uno sulle crisi aziendali e un altro sulla legalità in generale nel settore turistico-ricettivo. A breve inoltre partirà il tavolo sul lavoro stagionale, in cui si discuterà di diritti, sicurezza, contratti, salario e contributi. Abbiamo anche inserito nelle domande per Scia (segnalazione certificata di inizio attività ndr) e autorizzazioni alberghi e pubblici esercizi, una formula che contiene una dichiarazione di rispetto della normativa e dei contratti collettivi nazionali in materia di lavoro e sicurezza. Bisogna cambiare pensiero -conclude Rossi- non deve esserci più spazio per ragionamenti che, visto il carattere di stagionalità, portino ad un’accettazione di trattamenti irregolari nella retribuzione, nei contratti e nella sicurezza, non si deve più pensare che il lavoro nero o irregolare sia una sorta di “fattore produttivo improprio”. E nessuno usi l’alibi della crisi“.
In Riviera calano anche gli occupati. I 1177 controlli sui lavoratori del 2013 sono diminuiti in rapporto all’anno precedente, perché c’è meno lavoro, dall’hotel, al chiosco, al bagno al mare. Quest’anno certo la stagione è partita in ritardo per via delle condizioni climatiche, ma il taglio drastico alle assunzioni non ha avuto a che fare solo con il meteo: è una delle scelte a cui sono stati costretti tanti imprenditori in difficoltà. Il turista ha meno soldi in tasca e Rimini da tempo non è più l’Eldorado del divertimento vacanziero. Sono i dati del centro per l’impiego di Rimini a evidenziare come durante il periodo gennaio-settembre 2013 gli avviamenti al lavoro siano calati sensibilmente scendendo a 78.186 unità dalle oltre 90mila del 2012, con una riduzione su base annua vicina al 14%. Insieme alle assunzioni diminuiscono anche le persone assunte, che passano da 58.644 a 52.885, facendo registrare un calo del 9,8%. I primi nove mesi del 2013 mostrano insomma un quadro poco confortante, segnato da variazioni negative su base annua addirittura maggiori di quelle rilevate nel primo anno della crisi economica (- 5,5% di avviamenti e – 4,8% di avviati nel periodo gennaio-settembre 2009).
“Quest’anno -commenta il segretario Cgil Rimini Graziano Urbinati- il calo delle assunzioni e la riduzione dei periodi di lavoro hanno avuto ricadute anche sulla possibilità di ricevere l’indennità di disoccupazione mini Aspi, riconosciuta a chi ha maturato almeno 13 settimane di lavoro in un anno; è dunque venuto a mancare un importante ammortizzatore. La tenuta della stagionalità invece è avvenuta in parte grazie alla ripresa del mercato estero, mentre continua la contrazione di quello interno. Il recupero è avvenuto soprattutto grazie al turismo dall’est Europa, russi in primis. Pertanto la situazione in cui si trova ora l’aeroporto Fellini è preoccupante. La struttura genera 800-900 milioni di euro di indotto sul territorio e dà lavoro a 300 persone. Sarebbe un dramma se dovesse chiudere”.