È prevista la deposizione del pentito Giovanni Brusca. Il magistrato, sottoposto a livello di protezione di livello eccezionale, ha rifiutato di andare su un carro armato a Palermo. Un gruppo di cittadini ha organizzato un sit-in di solidarietà davanti all’aula bunker milanese in cui si celebra il dibattimento
Dopo l’ultimo allarme legato alle nuove minacce lanciate dal boss Totò Riina il pm Nino Di Matteo ha deciso di non partecipare all’udienza sulla trattativa Stato-mafia che si svolge oggi a Milano nell’aula bunker di via Ucelli di Nemi. È prevista la deposizione del pentito Giovanni Brusca.
Il magistrato nelle ultime settimane è stato il bersaglio di minacce anonime e violentissime intimidazioni da parte del boss corleonese. Che addirittura ha detto a un detenuto: “Lo faremo in modo eclatante”. Proprio per queste minacce era in forse la trasferta nel capoluogo della toga di Palermo. Un gruppo di cittadini ha organizzato un sit-in di solidarietà davanti all’aula bunker in cui si celebra il dibattimento. I manifestanti esibiscono lo striscione con scritto “Milano sta con Di Matteo“.
A rappresentare l’accusa in aula sono il procuratore di Palermo Francesco Messineo, l’aggiunto Vittorio Teresi e i pm Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia. La Procura non ha ritenuto che ci fossero le condizioni di sicurezza per una trasferta a Milano del pm. Il nuovo allarme risale a venerdì scorso, quando la Dia, che sta ascoltando ore di conversazioni registrate di Riina, capta una frase molto allarmante che riguarda proprio Di Matteo. Le parole del boss fanno pensare che il progetto di attentato al magistrato sia giunto a una fase esecutiva. La notizia viene comunicata subito alle Procure di Palermo e Caltanissetta, che indaga sulle intimidazioni al pm. Sabato i vertici degli uffici giudiziari nisseni e palermitani si riuniscono e decidono di rivolgersi al ministro dell’Interno Angelino Alfano che li riceve domenica.
Come prevede la legge in casi eccezionali, i magistrati consegnano al ministro le intercettazioni di Riina: il codice di procedura penale stabilisce infatti che l’autorità giudiziaria possa trasmettere copie di atti di procedimenti penali e informazioni Viminale ritenute indispensabili per la prevenzione di delitti per cui è obbligatorio l’arresto in flagranza.
Nella frase sentita venerdì Riina, che in un’altra conversazione aveva anche detto al boss della Sacra Corona Unita riferendosi a Di Matteo “tanto deve venire al processo”, non farebbe riferimenti specifici a Milano. Ma la trasferta nel capoluogo lombardo era stata organizzata ed era nota da settimane, quindi ci sarebbe stato tutto il tempo di mettere in piedi eventuali atti intimidatori. Inoltre le condizioni di sicurezza dell’aula bunker non sono state ritenute ottimali.
Di Matteo è già sottoposto a protezione di “livello 1 eccezionale”. Nell’ultimo Comitato Nazionale per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica che si è svolto a Palermo alla presenza di Alfano, si è discusso anche di potenziare la vigilanza attraverso spostamenti in un Lince blindato e dotando la scorta del pm del bomb jammer, un dispositivo che neutralizza congegni usati per azionare esplosivi. Ma il magistrato si è rifiutato di andare in giro a bordo di un carro armato: “No, non se parla. Non posso andare in giro per Palermo, in un centro abitato con un carro armato. Non chiedetemelo” avrebbe detto la toga – come riporta il Corriere della Sera – quando gli è stata mostrata la foto del Lince.