Gioia doppia per il Galatasaray. Oltre ad aver sconfitto la Juventus, non dovrà pagare la multa che la Commissione disciplinare della Federcalcio turca stava per appioppargli dopo che Drogba ed Ebouè, quattro giorni fa, si erano tolti la maglia del club di Istanbul per esibire la loro gratitudine a Nelson Mandela. Sulle magliette proibite mostrate alle curve c’era scritto: “Grazie Madiba” e “Riposa in pace”. La Commissione, fino a poche ore fa, sembrava decisa a multare non solo i due calciatori di origine africana ma anche i loro colleghi della squadra di serie B, Fethiyespor, che la settimana scorsa erano scesi in campo, contro il colosso Fenerbahce per la Coppa di Turchia, indossando magliette, ciascuna con una lettera diversa sul davanti per formare la scritta: “Yuce Ataturk”, Grande Ataturk.
Il padre della Turchia moderna, basata sulla laicità dello Stato, viene sempre più spesso invocato per criticare il premier Tayyip Erdogan che nell’ultimo anno, secondo una buona fetta della popolazione, ha governato la Turchia in modo dispotico e troppo rispettoso dell’islam. L’Akp, il suo partito, starebbe perdendo le caratteristiche di portavoce dell’islam moderato per diventare una sorta di fratellanza musulmana sul modello egiziano. Deferiti alla Commissione disciplinare dalla Federcalcio turca per avere commesso un “atto politico” in campo, così come Drogbà ed Ebouè, i calciatori del piccolo Fethiyespor, hanno ottenuto l’immediata solidarietà dei tifosi della squadra avversaria, peraltro insospettabilmente battuta. Sia la tifoseria del Fenerbahce che, in un secondo momento, quella del Besiktas, hanno fatto sapere di essere disposte a pagare un’eventuale multa al posto del meno abbiente team di provincia.
Dopo la grande sollevazione popolare del giugno scorso, a cui avevano partecipato attivamente tutte le tifoserie delle tre squadre di Istanbul, unite per la prima volta in Istanbul United, per difendere il parco Gezi di Istanbul dalla furia cementificatrice di Erdogan – l’altra critica che gli viene mossa è quella di aver abbinato islam e affarismo per profitto personale – il governo ha proibito di esporre o scandire qualsiasi messaggio politico negli stadi del Paese. La motivazione ufficiale è che sono divisivi e non possono dunque essere esposti davanti a un pubblico eterogeneo. Tutti però sanno che la ragione è un’altra: Erdogan, che è stato un calciatore professionista prima di darsi alla politica, aveva promesso “di fare i conti” con i tifosi uniti di Istanbul che lo avevano contestato apertamente chiedendo le sue dimissioni. La sua vendetta si è subito tradotta nel provvedimento adottato a luglio con cui si vieta qualsiasi manifestazione politica negli stadi turchi.
Ma i tifosi non si sono fatti intimidire e nemmeno il presidente del Fethiyespor, Ozkan Gunes che ha detto: “Il messaggio è stato sentito da coloro a cui era destinato”. La scure dei troppo zelanti dirigenti della Federcalcio, alla fine non si è abbattuta su nessuna squadra perché è intervenuto il ministro dello sport Suat Kilic dell’Akp, che ha cercato di salvare il salvabile, dissociandosi con questa dichiarazione: “Mustafa Kemal Ataturk è il fondatore della repubblica turca, un valore importante comune a tutta la società. Il suo nome – ha affermato – non può essere considerato un messaggio politico”. A maggior ragione quello di Mandela, che tutto il mondo ha omaggiato come simbolo di pace e unità. Ovviamente si è trattata di una decisione dell’ultimo minuto di Erdogan che deve aver capito come denigrare Ataturk – gli aveva dato indirettamente dell’ubriacone in varie occasioni non sia una mossa popolare in vista delle elezioni di marzo. Il calcio turco comunque ha sempre avuto una valenza fortemente politica. Aytekin Kurtul, un giovane tifoso del Fener che studia giurisprudenza in Italia ed è membro del partito dei lavoratori ha commentato così la decisione dei tifosi di coprire le spese: “Non è strano, perché noi del Fener avevamo cantato gli slogan delle manifestazioni di Gezi Park in tutte le partite e avevamo giocato un ruolo importante negli scontri nel quartiere di Kadıköy a settembre. In seguito, durante il derby contro il Galatasaray, tutti noi tifosi, senza divisioni, abbiamo dichiarato la nostra fedeltà al fondatore della Repubblica, Mustafa Kemal Atatürk. Considerata questa nostra tendenza kemalista, non è difficile dedurre che il gesto del Fethiyespor lo condividiamo e saremmo per questo stati disposti a pagare un’eventuale multa”.
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Turchia, al Galatasaray nessuna multa per le maglie con omaggio a Mandela
Drogba ed Ebouè avevano indossato sotto la divisa del club una maglia celebrativa, ma una legge di Erdogan vieta ogni messaggio di valenza politica negli stadi. La Federazione, però,ha deciso di non comminare alcuna sanzione. Stessa decisione per i tesserati di una squadra minore, che avevano inneggiato ad Ataturk
Gioia doppia per il Galatasaray. Oltre ad aver sconfitto la Juventus, non dovrà pagare la multa che la Commissione disciplinare della Federcalcio turca stava per appioppargli dopo che Drogba ed Ebouè, quattro giorni fa, si erano tolti la maglia del club di Istanbul per esibire la loro gratitudine a Nelson Mandela. Sulle magliette proibite mostrate alle curve c’era scritto: “Grazie Madiba” e “Riposa in pace”. La Commissione, fino a poche ore fa, sembrava decisa a multare non solo i due calciatori di origine africana ma anche i loro colleghi della squadra di serie B, Fethiyespor, che la settimana scorsa erano scesi in campo, contro il colosso Fenerbahce per la Coppa di Turchia, indossando magliette, ciascuna con una lettera diversa sul davanti per formare la scritta: “Yuce Ataturk”, Grande Ataturk.
Il padre della Turchia moderna, basata sulla laicità dello Stato, viene sempre più spesso invocato per criticare il premier Tayyip Erdogan che nell’ultimo anno, secondo una buona fetta della popolazione, ha governato la Turchia in modo dispotico e troppo rispettoso dell’islam. L’Akp, il suo partito, starebbe perdendo le caratteristiche di portavoce dell’islam moderato per diventare una sorta di fratellanza musulmana sul modello egiziano. Deferiti alla Commissione disciplinare dalla Federcalcio turca per avere commesso un “atto politico” in campo, così come Drogbà ed Ebouè, i calciatori del piccolo Fethiyespor, hanno ottenuto l’immediata solidarietà dei tifosi della squadra avversaria, peraltro insospettabilmente battuta. Sia la tifoseria del Fenerbahce che, in un secondo momento, quella del Besiktas, hanno fatto sapere di essere disposte a pagare un’eventuale multa al posto del meno abbiente team di provincia.
Dopo la grande sollevazione popolare del giugno scorso, a cui avevano partecipato attivamente tutte le tifoserie delle tre squadre di Istanbul, unite per la prima volta in Istanbul United, per difendere il parco Gezi di Istanbul dalla furia cementificatrice di Erdogan – l’altra critica che gli viene mossa è quella di aver abbinato islam e affarismo per profitto personale – il governo ha proibito di esporre o scandire qualsiasi messaggio politico negli stadi del Paese. La motivazione ufficiale è che sono divisivi e non possono dunque essere esposti davanti a un pubblico eterogeneo. Tutti però sanno che la ragione è un’altra: Erdogan, che è stato un calciatore professionista prima di darsi alla politica, aveva promesso “di fare i conti” con i tifosi uniti di Istanbul che lo avevano contestato apertamente chiedendo le sue dimissioni. La sua vendetta si è subito tradotta nel provvedimento adottato a luglio con cui si vieta qualsiasi manifestazione politica negli stadi turchi.
Ma i tifosi non si sono fatti intimidire e nemmeno il presidente del Fethiyespor, Ozkan Gunes che ha detto: “Il messaggio è stato sentito da coloro a cui era destinato”. La scure dei troppo zelanti dirigenti della Federcalcio, alla fine non si è abbattuta su nessuna squadra perché è intervenuto il ministro dello sport Suat Kilic dell’Akp, che ha cercato di salvare il salvabile, dissociandosi con questa dichiarazione: “Mustafa Kemal Ataturk è il fondatore della repubblica turca, un valore importante comune a tutta la società. Il suo nome – ha affermato – non può essere considerato un messaggio politico”. A maggior ragione quello di Mandela, che tutto il mondo ha omaggiato come simbolo di pace e unità. Ovviamente si è trattata di una decisione dell’ultimo minuto di Erdogan che deve aver capito come denigrare Ataturk – gli aveva dato indirettamente dell’ubriacone in varie occasioni non sia una mossa popolare in vista delle elezioni di marzo. Il calcio turco comunque ha sempre avuto una valenza fortemente politica. Aytekin Kurtul, un giovane tifoso del Fener che studia giurisprudenza in Italia ed è membro del partito dei lavoratori ha commentato così la decisione dei tifosi di coprire le spese: “Non è strano, perché noi del Fener avevamo cantato gli slogan delle manifestazioni di Gezi Park in tutte le partite e avevamo giocato un ruolo importante negli scontri nel quartiere di Kadıköy a settembre. In seguito, durante il derby contro il Galatasaray, tutti noi tifosi, senza divisioni, abbiamo dichiarato la nostra fedeltà al fondatore della Repubblica, Mustafa Kemal Atatürk. Considerata questa nostra tendenza kemalista, non è difficile dedurre che il gesto del Fethiyespor lo condividiamo e saremmo per questo stati disposti a pagare un’eventuale multa”.
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Roma, 1 feb. (Adnkronos) - “Desidero esprimere la mia totale solidarietà al Presidente della Fondazione Gimbe, Nino Cartabellotta, professionista di comprovata competenza e integrità, recentemente bersaglio di un attacco inaccettabile da parte del Senatore Zaffini. Non dovrebbe essere necessario ricordare che la Fondazione GIMBE svolge un ruolo essenziale nel garantire analisi indipendenti e basate su evidenze scientifiche nel settore della sanità pubblica. Analisi che non solo aiutano l’opinione pubblica a comprendere la realtà dei fatti, ma forniscono strumenti indispensabili proprio a noi parlamentari per svolgere il nostro lavoro con cognizione di causa". Lo scrive in una nota la senatrice del Pd Susanna Camusso.
Ma ormai chiunque osi dissentire con l’operato del Governo Meloni – scienziati, magistrati, professori, giornalisti – viene puntualmente delegittimato. Peccato che sia lo stesso Presidente Zaffini ad ammettere che su sei decreti attuativi promessi per smaltire le liste d’attesa, sia stato approvato solo quello sul funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio. La colpa? Dipende dal giorno: molto spesso è dei governi precedenti – nonostante la destra governi da tre anni – altre volte, come in questo caso, delle Regioni - nonostante la stessa destra stia spingendo per l’Autonomia. Mentre milioni di italiani non possono curarsi e il SSN è al collasso, il governo continua a giocare a scaricabarile, additando nemici immaginari e scaricando le colpe su chiunque tranne che su sé stesso”.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Dopo il record di 150.000 iscritti, Forza Italia rafforza il suo radicamento sul territorio con l’avvio della stagione dei Congressi Comunali e Circoscrizionali. Si parte da 9 regioni per eleggere i nuovi segretari comunali e circoscrizionali, in un percorso di partecipazione e crescita che coinvolgerà tutta Italia". Lo scrive Forza Italia sui suoi profili social.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Rispondo a chi ogni tanto ci accusa di non avere una visione. Certo che ce l'abbiamo, anche bella forte. Magari a qualcuno non piace, non sarà quello che si aspettavano dal Pd di prima, ma oggi il Pd è autodeterminato in questa direzione". In mezzo al dibattito su 'meglio presentarsi uniti o divisi per colpire uniti', innescato dalla proposta di Dario Franceschini, Elly Schlein continua a insistere sui temi piuttosto che sui tatticismi. E rilancia la visione del 'suo' Pd a fronte di perplessità, più o meno esplicite, avanzate nei suoi confronti nell'ultimo periodo.
"La giustizia sociale, la giustizia climatica, il lavoro dignitoso, l'innovazione, i diritti delle persone", elenca la segretaria dal palco della prima iniziativa col Terzo Settore (previste altre 4 a febbraio) a Monterotondo. Come aveva fatto la settimana scorsa davanti all'ospedale di Vicenza per parlare di sanità o con gli operai a Marghera o quelli della crisi Beko su lavoro e politiche industriali.
Alla questione aperta da Franceschini, Schlein ha però dato una risposta l'altra sera a Piazza Pulita dopo giorni di silenzi, conditi da freddezza dell'inner circle della segretaria. Andare divisi per colpire uniti? "Io continuo a insistere, sono testardamente unitaria", la risposta di Schlein. Insomma, nonostante al momento non vi siano passi avanti nella costruzione dell'alleanza, lo schema della segretaria non cambia. Resta 'testardamente unitario'. "Ce lo chiede la gente", la tesi di Schlein. Il sondaggio mandato in onda durante la trasmissione pare darle ragione con quasi l'80% degli elettori di centrosinistra a invocare un accordo tra le opposizioni.
Un accordo che però non c'è e la proposta di Franceschini ha avuto anche l'effetto di evidenziare ulteriormente le resistenze rispetto a un'alleanza organica. Basta leggere l'elenco di quelli che hanno promosso o quanto meno si sono detti interessati alla possibilità di 'marciare divisi, per poi colpire uniti' dopo il voto: da Carlo Calenda a Giuseppe Conte. Chi invece non è sembra interessato, è Romano Prodi che in una lunga intervista avverte: "Senza un programma condiviso non è politica, ma solo cinismo. Si possono anche vincere le elezioni, ma si uccide il Paese”.
"Ma come si può fare questo discorso due anni e mezzo prima delle elezioni?", si chiede Prodi. "Potrebbe essere l'ultima spiaggia alla vigilia del voto. Ma se partiamo dall'idea che non ci si può mettere d'accordo su un programma, mi pare difficile vincere le elezioni". L'Ulivo non è più riproponibile, aggiunge, "quel che si può fare è cercare quattro grandi problemi sui quali trovare una visione comune: sanità, casa, scuola, lavoro".
Non basta solo criticare: "Politica è dire quel che serve all'Italia per la distribuzione del reddito, la sanità, la casa. Non dire solo che mancano le risorse, ma dire come vanno riformati gli ospedali, i medici di base, le case di comunità". Chi può riuscire a federare il campo delle opposizioni in ordine sparso? Per Prodi la risposta è aperta: "Il problema è vedere chi è in grado di federare. Quel ruolo si conquista, non è dato. La competizione è aperta per tutti, Schlein e altri".
Tel Aviv, 1 feb. (Adnkronos) - Il primo ministro Benjamin Netanyahu sta valutando la possibilità di nominare il ministro degli Affari strategici Ron Dermer a capo del team negoziale di Israele per i colloqui sugli ostaggi con Hamas, secondo le notizie di Channel 12. Subentrerebbe al ruolo del capo del Mossad David Barnea. Secondo quanto riferito, Barnea resterebbe nella squadra insieme al capo dello Shin Bet Ronen Bar e all'uomo chiave per la presa degli ostaggi delle Idf Nitzan Alon, con Dermer a supervisionare i colloqui.
I funzionari israeliani hanno dichiarato che Netanyahu riconosce che i negoziatori vogliono fare tutto il possibile per garantire che la seconda fase dell'accordo sulla restituzione degli ostaggi con Hamas abbia luogo, e il premier vuole mantenere aperte le sue opzioni. Secondo Channel 12, i funzionari del team di Netanyahu affermano che, poiché i colloqui principali si stanno svolgendo con l'amministrazione Trump, dovrebbero essere guidati da qualcuno con una formazione più diplomatica, che non nella sicurezza.
Sembra che l'inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, abbia detto a Netanyahu che preferirebbe lavorare con Dermer e che ha delle riserve sulla collaborazione con l'attuale team negoziale. Witkoff e Netanyahu hanno parlato oggi, ha riferito Channel 12, aggiungendo che il primo ministro israeliano terrà un incontro stasera per decidere se inviare una delegazione di medio livello in Qatar questa settimana. In risposta, l'ufficio di Netanyahu ha affermato che "i resoconti non sono veri" e che "le decisioni sui negoziati saranno prese solo dopo il ritorno del primo ministro dagli Stati Uniti".
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - “Ieri è stato l’ultimo giorno di lavoro di dipendenti e dirigenti Rai a viale Mazzini. Lo storico palazzo, simbolo del Servizio Pubblico, che dagli anni 60 rappresenta la Rai, chiuderà per essere interessato da importanti ed ampi lavori di ristrutturazione". Lo dichiarano i componenti di Fratelli d’Italia della Commissione Vigilanza Rai.
"Interventi che consentiranno alla Rai di usufruire di una sede moderna, digitale e all’avanguardia, capace così di confrontarsi con un mercato televisivo sempre più competitivo. È un merito di questa dirigenza che oltre a garantire un sempre più ampio pluralismo, così come si pretende dal Servizio pubblico, un’offerta e una qualità nella programmazione, adesso garantirà alla Rai anche strutture di prim’ordine. Infatti, la sede di viale Mazzini si affiancherà al nuovo centro di produzione a Milano che sarà uno dei più avanzati in Europa. Al contempo va rivolto un vivo ringraziamento ai dipendenti Rai, che stanno affrontando con grande impegno e dedizione questo significativo momento di passaggio, che servirà a costruire il Servizio pubblico del futuro”.
Ramallah, 1 feb. (Adnkronos) - Le forze israeliane hanno arrestato due giornalisti palestinesi e sequestrato la loro attrezzatura nella città di Beit Ummar, a nord di Hebron, in Cisgiordania. Lo riporta l'agenzia di stampa palestinese Wafa, citando il giornalista Ihab al-Alami, che ha riferito, dopo essere stato rilasciato, che "lui e il suo collega, Nidal al-Natsheh, sono stati arrestati dai soldati israeliani mentre documentavano i danni su terreni di proprietà palestinese vicino all'insediamento israeliano illegale di Karmei Tzur". I soldati hanno sequestrato tre telecamere prima di costringerli ad abbandonare la zona, ha aggiunto il reporter.
Roma, 1 feb. (Adnkronos) - "Oggi a Roma si è svolta la Direzione Nazionale di Fratelli d'Italia, un momento di confronto interno al partito in vista del giro di boa della metà legislatura. Non si è trattato, evidentemente, di una seduta del Consiglio dei Ministri, un dettaglio che i deputati di Italia Viva, cui resta solo la polemica, potrebbero facilmente cogliere solo sfogliando un qualsiasi manuale di diritto costituzionale". Così Antonio Baldelli, deputato di Fratelli d'Italia, risponde alle polemiche sollevate da Italia Viva sull'assenza del Presidente del Consiglio all'assemblea di FdI e sulla presenza del capo della segreteria politica, Arianna Meloni.