L’isola dei famosi della letteratura
Ormai è uso comune anche tra i commentatori della cultura italiana l’uso frequente e imbarazzante di anglicismi. La settimana letteraria a Milano viene definita “BookCity“, si tratta presumibilmente di un Trending Topic [un argomento che fa moda N.d.T.]. E sulla Rai, va in onda un programma letterario dal titolo Masterpiece, che non consisterebbe in un reality show, così viene assicurato, ma in un talent show. Questo tipo di esibizionismo ha già visto partecipe una numerosa schiera di aspiranti cantanti, ballerini e cuochi, ed ora è la volta degli scrittori, in un paese dove il numero di lettori supera di poco quello degli scrittori.
La trasmissione va in onda ogni domenica sera su Rai Tre suddivisa in quattordici puntate; dopo la pausa natalizia si ricomincia per stabilire chi sarà il vincitore che vedrà il proprio romanzo presentato alla stampa, dalla casa editrice Bompiani in una tiratura di 100 mila copie. Siamo curiosi del risultato dato che ciò che si è visto finora – di fronte ad una giuria di tre esperti e più di tre milioni di spettatori – sono autoritratti dai colori sgargianti della specie umana proposti da rappresentanti di entrambi i sessi, che reclamizzano le loro creazioni, tutte autobiografiche: una operaia metallurgica che vuole dare una svolta alla propria vita; poi un bagnino con posto di lavoro precario; un anziano siciliano con tredici anni di carcere alle spalle; una giovane donna dal Veneto che ha superato la sua anoressia. La qualità dei romanzi presentati sembra essere meno importante di una presenza vincente davanti alla telecamera. La lettura del testo inedito occupa una parte secondaria nella trasmissione e dura al massimo 25 secondi.
Negli spot pubblicitari Masterpiece si vanta di essere il “primo talent show letterario nel mondo”, e in realtà non è la prima volta che l’Italia occupa le prime posizioni a livello internazionale in alcuni settori, nel bene e nel male. La giuria che dovrà decretare la nascita dell’atteso capolavoro è formata da tre autori che però non rappresentano l’avanguardia: Giancarlo De Cataldo, il cui best-seller Romanzo Criminale sebbene offra una visione sociale ed emozionante di un mondo sommerso, non può essere certo definito una raffinatezza letteraria; Andrea De Carlo, ex bambino prodigio dalla solida mediocrità; Taiye Selasi che scrive in inglese e ha radici africane, ma che dopo solo un anno a Roma parla un italiano invidiabile, che risulta però abbastanza stentato da essere classificato quanto meno come ‘esotico’. Questo trio si presenta in stile pop, accompagnato da un elaborato ma insignificante sottofondo musicale, si alterna nel giro di pochi secondi, con uno stile ed in un clima che ricordano il Grande Fratello o l’Isola dei Famosi .
La ressa per partecipare alla trasmissione è iniziata diversi mesi fa, e riflette l’immagine della situazione italiana in almeno un paio di aspetti: c’è una quantità spaventosa di persone che sperano di ascendere la scala sociale diventando improvvisamente famose, e la fa da padrona la visione discutibile che lo spettacolo possa interagire con la produzione letteraria, un’illusione di cui persino un editore rispettabile come Bompiani si fa promotore. In pochissimi giorni si sono presentati circa 5.000 candidati, presumibilmente di età compresa tra i 9 e i 90 anni, ognuno col proprio romanzo e la speranza che possa diventare un giorno un capolavoro.
Questa valanga di manoscritti è stata vagliata grossolanamente dalla giuria di Masterpiece già la scorsa estate. Alla fine sono stati selezionati 500 candidati che sono stati convocati per un colloquio, in tutta serietà definito casting. Alla fine sono rimasti in 72 tra coraggiosi scrittori e speranzose autrici che ora si scontrano uno contro l’altro in una sorta di sistema ad eliminazione in diretta tv, raccontando la storia della propria vita. La ex anoressica inizialmente è riuscita a restare in gara, l’ex detenuto è stato subito scartato in maniera inequivocabile e spettacolare col gesto del pollice verso dei giudici onnipotenti.
Se i tre letterati e conduttori della versione odierna di Panem et Circenses abbiano effettivamente letto tutti i 5000 possibili capolavori rimane un mistero. Dal punto di vista puramente statistico non sarebbe del tutto improbabile che in tale ammasso di manoscritti si possa nascondere un romanzo almeno passabile. Ma ciò che è stato visto nelle prime tre prove della stessa puntata, non dà adito ad alcuna speranza. La simpatica operaia metallurgica, che è rimasta in gara per un paio di puntate, rispondendo all’obiezione di un giurato nei confronti del suo stile zuccherino, ha dichiarato che ormai è affezionata a questo suo stile, “anche se può provocare il diabete”.
Articolo originale di Franz Haas apparso il 3 Dicembre 2013 su NZZ
Traduzione di Claudia Marruccelli e Barbara Aceranti per www.italiadallestero.info