A Bruxelles ci sono due Europe in perenne lotta tra loro, quella dei governi e quella dei parlamenti.
Questa settimana il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione “sui problemi costituzionali di una governance a più livelli nell’Unione europea” che sostanzialmente chiede di rivedere gli equilibri di forza all’interno dell’Unione europea. Impossibile riassumere l’intero testo con un breve post, mi limiterò a riprendere alcuni passaggi per sottolineare un concetto fondamentale: oggi con la sigla “Ue” si indica un’Europa che in realtà sono due: quella degli accordi intergovernativi e quella comunitaria.
L’Unione europea, per rispondere alla crisi economica, ha dovuto accelerare alcune riforme fondamentali, tra cui l’Unione economica e monetaria (Uem) che dovrebbe rimediare agli squilibri attuali del sistema. In questo contesto, il ruolo da leone lo stanno giocando i governi nazionali che, riuniti nel Consiglio europeo, dettano la linea delle principali politiche europee (come le politiche di austerità). Si tratta dei vari vertici tra capi di Stato e di Governo che si riuniscono sporadicamente a Bruxelles e cercano, ognuno in base ai propri muscoli, di far valere i propri interessi nazionali a spese dei Paesi più deboli (Grecia, Cipro ecc.).
In questo contesto, il Parlamento europeo, l’unica istituzione democraticamente eletta direttamente dai cittadini, cerca di far sentire la propria voce. Lo fa nei limiti dei propri poteri e delle proprie competenze. Ecco che il testo approvato giovedì scorso a Strasburgo chiede “garanzia della necessaria legittimità e responsabilità democratica del processo decisionale nel quadro dell’Uem” per la quale “ribadisce va esclusa l’opzione di un nuovo accordo intergovernativo” (come il fiscal compact). Si tratta del disperato tentativo di imporre una visione comunitaria e solidale a quella che fino adesso è stato il predominio una guida da parte dei governi più forti, in primis la Germania.
La risoluzione rammenta che “ai sensi dell’articolo 3, paragrafo 4, del Trattato sull’Unione europea, l’Uem è istituita dall’Unione e il suo funzionamento dev’essere fondato sulla democrazia rappresentativa”, ovvero parlamentare. Per questo “sottolinea che il Parlamento europeo è fondamentale per garantire la legittimità democratica e il funzionamento dell’Uem ed è un presupposto indispensabile per qualsiasi ulteriore passo avanti verso l’unione bancaria, l’unione di bilancio e l’unione economica”.
Ecco che – si legge sempre nel testo – il Parlamento “si rammarica della mancanza di controllo parlamentare della Troika, del Fesf (European Financial Stability Facility) e del Mes (Meccanismo europeo di stabilità)” e ancora “sottolinea che il vertice euro e l’Eurogruppo sono organismi informali di discussione e non istituzioni per l’adozione di decisioni riguardo alla governance dell’Unione economica e monetaria”.
In altre parole, il Parlamento europeo cerca di avocare a sé un maggior ruolo nell’applicazione delle future misure di integrazione dell’Ue per anteporre gli interessi di tutti i cittadini europei agli interessi di quelli meglio rappresentati dai rispettivi governi, come appunto i tedeschi. Ecco che fare di tutta un’erba un fascio, ovvero etichettando tutto quello che succede e viene deciso a Bruxelles come frutto dell’azione “Ue” risulta semplicistico ed errato.
Che l’Europa abbia bisogno di una “nuova governance” – citando la risoluzione adottata – e i cittadini di una migliore informazione, è pacifico. Ma non si tratta di un percorso facile. Anche se le intenzioni del Parlamento europeo sono comprensibili da un punto di vista democratico, non sempre i suoi protagonisti sono all’altezza del compito che avocano. I gravi episodi di assenteismo e il livello politico e culturale di alcuni eurodeputati lascia infatti a desiderare. Vediamo cosa succederà dopo le elezioni europee del 2014.
@AlessioPisano
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