Cinquant’anni, siciliano, trenta nei Carabinieri, ventisette sulle gazzelle di mezza Italia, e ora a fare ordine pubblico da Roma alla Val Susa e poi qui a Torino per contenere la rabbia dei Forconi. Roberto sta sotto al comune di Nichelino, mentre la piazza davanti si riempie nuovamente. Riflette: “Questa gente va capita, anzi sa che le dico, se potessi mi leverei la divisa e andrei dall’altra parte”. Non si morde la lingua, ragiona in libertà mettendo in fila parole e concetti di un uomo dello Stato colpito dalla crisi. “Prendo 1.200 euro al mese e gli straordinari ce li pagano a sei mesi”. Racconta dei blocchi a Torino. “L’altro giorno in piazza Derna mi sono commosso a vedere pensionati come mio padre sedersi in mezzo alla strada per fermare il traffico, altro che sgomberarli, avrei voluto dare loro una carezza”.
E poi i ragazzi. “Io ho una figlia adolescente, mi rendo conto del loro disagio, forse non condivido la loro protesta, ma certamente la capisco”. Roberto, però, non si tiene ed è giusto così. “Poi vedo certi giovani che in manifestazione vengono vestiti con il Monclear e le Vans, allora penso: andate a lavorare”. Ma gira e rigira, si torna sempre lì: ai soldi che non bastano. “Io sono divorziato e devo pagare gli alimenti alla mia ex moglie, risparmio su tutto e lo faccio solo per mia figlia, per portarla al cinema oppure comprarle un paio di scarpe alla moda”. E ancora: “Ci sono stati momenti in cui mi sono trovato a dover tirare a fine mese con appena 300 euro”. E allora, Roberto, smessa la divisa, tra ferie, riposi e permessi ha anche fatto il muratore e il taglialegna. “In nero a tre euro all’ora sui ponteggi, una miseria infinita, e quando vedo questa gente in piazza mi rendo conto delle loro ragioni”. E alla fine il dito puntato, carabinieri o cittadini, è sempre contro i politici. “Ricordo qualche settimana fa durante l’incontro a Roma tra Hollande e Letta, davanti alla sede del Governo manifestavano i malati di Sla e nessuno dai palazzi del potere si è affacciato per dire qualcosa, nessuno”.
di Cosimo Caridi e Davide Milosa
da Il Fatto Quotidiano del 13 dicembre 2013