“Spostate il tracciato della vostra autostrada, dobbiamo farci il nostro maxi-deposito di gas”. I due progetti che da anni terrorizzano i cittadini dell’Emilia terremotata ora si scontrano e rischiano, paradossalmente, di ostacolarsi a vicenda e di intraprendere una battaglia a colpi di carte bollate. All’inizio di questo autunno infatti William Gregory Coleman, capo della Rivara Gas Storage, la società inglese che vuole costruire un mega impianto di stoccaggio a San Felice sul Panaro in provincia di Modena, ha scritto alla Arc, l’azienda privata che progetta la costruzione della autostrada Cispadana. La richiesta è molto semplice: “Cambiate strada perché lì ci va il nostro sito”. La Cispadana è un nastro di 67 chilometri di asfalto che unirà Reggiolo con Ferrara, avversato dagli abitanti della zona almeno quanto il deposito del gas, e che secondo l’attuale progetto in fase di valutazione al ministero dell’ambiente, dovrebbe passare proprio per un tratto proprio sopra il pozzo sotterraneo. “La società – si legge in una lettera datata 1 ottobre 2013 indirizzata ad Arc e scovata dal fattoquotidiano.it – segnala l’interferenza tra il tracciato autostradale e il progetto di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, e la conseguente incompatibilità del tracciato di Cispadana con il rigasificatore”.

Il deposito di Rivara dovrebbe avere una capacità di 3 miliardi e mezzo di metri cubi di gas, e secondo la società che ce l’ha in progetto, dovrebbe avere la precedenza sull’autostrada. Ci sarebbe infatti, come si legge nella lettera, una “priorità temporale del progetto di stoccaggio su quello autostradale”. E teoricamente chi scrive la lettera non ha tutti i torti. Il progetto Rivara ha avuto infatti il no della Regione Emilia Romagna e del Ministero dell’ambiente, ma solo dopo il sisma del maggio 2012 che ha avuto tra gli epicentri proprio il comune di San Felice. Una volta avvenuto il sisma, il governo e l’allora ministro Corrado Clini cominciarono a fare dei passi indietro sulla scelta, dopo l’iniziale approvazione del febbraio 2012. A giugno 2013, il nuovo ministro dell’ambiente Andrea Orlando aveva messo quella che sembrava la parola fine. A ritirarsi dall’impresa era stata anche la compagnia petrolifera genovese Erg, azionista al 15% della società Rivara: l’azienda dei Garrone era infatti uscita dalla compagine societaria forse scoraggiata dal muro delle istituzioni, e soprattutto dei cittadini, contro il sito energetico sotterraneo.

Gli abitanti pensavano di essersi tolti almeno uno dei pensieri. Tuttavia gli inglesi della Independent Resource, rimasti soli a detenere il 100% di Rivara Gas Storage, non si sono arresi. E attendono l’esito del loro ricorso al Tar dell’Emilia Romagna perché, sostengono, l’ok iniziale è stato disatteso. “In caso di conclusione del giudizio del Tar in senso favorevole alla nostra società – scrive William Gregory Coleman – il progetto Rivara Stoccaggio avrebbe senz’altro diritto a essere preso in considerazione nella valutazione delle potenziali interferenze con il progetto Arc, anche in virtù della priorità temporale, nell’ordine di presentazione delle istanze, di cui il primo beneficia”. Coleman non vuole sentire storie: se il Tar darà ragione a lui, a cambiare il tragitto dovrà essere la Cispadana.

In risposta Arc, la società che ha in concessione la costruzione e la gestione della strada in progetto, ha fatto sapere che non c’è alcuna interferenza, perché il ministero ha già detto che il deposito di gas non si farà: “Si ritiene che nessuna prescrizione debba essere applicata in capo ad Arc in quanto, considerato il provvedimento di rigetto del ministero dello sviluppo economico del 3 aprile 2013 (…) non sussiste interferenza alcuna”.

Intanto al ministero dell’ambiente prosegue la valutazione di impatto ambientale dell’autostrada Cispadana avversata da molti comitati negli stessi paesi, tutti terremotati, che combattono anche contro il deposito del gas: oltre a San Felice ci sono Medolla, Mirandola, Finale Emilia. Anche per la Cispadana la valutazione potrebbe non essere serena a Roma. Come messo in luce dal fattoquotidiano.it infatti, nella commissione ci sarebbero state pressioni per accelerare le pratiche e fare partire i lavori. Tanto che il capo del gruppo di valutazione, Valter Bellomo era finito agli arresti nella stessa inchiesta che aveva visto coinvolta anche la ex governatrice Pd dell’Umbria, Maria Rita Lorenzetti.

Proprio il Pd e la Regione Emilia Romagna sono i grandi fautori dell’arteria che dovrebbe costare quasi un miliardo e mezzo di euro. Si tratterà della prima autostrada regionale nel nostro Paese, ma in tanti dubitano della sua effettiva utilità e ne contestano il forte impatto ambientale. Al suo posto avrebbe già dovuto essere costruita una normale strada a quattro corsie. Ma poi dal 2006 ha preso piede l’idea della autostrada. La società Arc, che ha avuto in concessione la grande opera, è presieduta da Graziano Pattuzzi (ex sindaco Pd di Sassuolo), ed è partecipata per il 51% dalla società Autobrennero (la stessa che gestisce la A22), per il 20% ciascuno dalla Impresa Pizzarotti di Parma e per un altro 20% dalla coop rossa di Reggio Emilia, Coopsette.

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