Le ordinanze di custodia cautelare hanno colpito anche quattro cugini del boss. Le accuse sono di associazione di tipo mafioso, scambio elettorale politico-mafioso, intestazione fittizia di beni ed estorsione
Matteo Messina Denaro, capo della mafia trapanese, aveva messo per iscritto la sua preoccupazione nel 2005 in un pizzino. Diceva al “fantasma di Corleone”, il padrino Bernardo Provenzano, che la polizia avrebbe portato via “pure le sedie dove gli uomini d’onore stavano seduti”. Stanotte la squadra Mobile di Trapani e la Dia non hanno portato via le sedie, ma hanno condotto in carcere una delle tre sorelle del capo mafia belicino, Patrizia Messina Denaro, classe 1970, figlia, sorella, moglie di boss mafiosi. Accusata anche lei di mafia e di estorsioni: la Dda di Palermo l’accusa di avere preteso fra l’altro 70 mila euro, soldi di una estorsione, “piccioli” destinati al fratello Matteo, ricercato da 20 anni. Nell’operazione è stato effettuato un sequestro preventivo di beni per un valore complessivo di circa 5 milioni di euro.
Una retata con 30 arresti – Con Patrizia Messina Denaro, moglie di Vincenzo Panicola (in cella da qualche anno) e figlia più piccola del defunto don Ciccio, a Matteo Messina Denaro è finito in manette “il nipote del cuore”, Francesco Guttadauro, 29 anni, figlio di un altro blasonato della mafia siciliana, il bagherese Filippo Guttadauro. I loro nomi erano già finiti sui giornali pochi giorni addietro per via del sequestro che ha colpito gli imprenditori palermitani Niceta, titolari di una catena di negozi e il giovane Ciccio Guttadauro, che ne gestiva alcuni. In cella stanotte anche alcuni cugini di Messina Denaro. Si tratta di Mario Messina Denaro, 61 anni, accusato di estorsione a una struttura sanitaria di Castelvetrano. Si presentava dicendo “sono Messina Denaro” e dinanzi a quel cognome nessuno poteva permettersi di obiettare. Tra gli arrestati anche Michele Mazzara, un imprenditore di Trapani. Già condannato per favoreggiamento alla mafia, aveva preso in appalto lavori al carcere dell’Ucciardone. Un appalto chiuso in ritard. Ma non pagò la penale perché aveva corrotto un funzionario del provveditorato del Dap, un tecnico del ministero della Giustizia, Giuseppe Marino, figlio di un alto magistrato, e Salvatore Torcivia. L’operazione di questa mattina è un ulteriore colpo al clan Messina Denaro. Diversi filoni di indagine finite in un’unica maxi ordinanza di 600 pagine, firmata dal gip Maria Pino e chiesta dal procuratore aggiunto Teresa Principato. Le altre persone finite in manette sono quasi tutte di Castelvetrano e Campobello di Mazara, paesi del Belice.
Un clan che non si arrende – Anche la famiglia naturale del capo mafia latitante non si arrende. Lo svelano le intercettazioni. Due anziane zie di Matteo Messina Denaro sono state sentite dire “… vedi che lui comanda tutto Palermo, tutta la Sicilia di Trapani, tutta la provincia”. E sulla necessità di “finanziare” la sua latitanza: “chiddru avi a camminnare! chiddru vola!! E … senza soldi un po vulare!!”. A darsi da fare Patrizia Messina Denaro, indicata ancora in alcuni colloqui come “la meglio delle mie sorelle” (le altre sono Bice e Anna, ndr). Patrizia Messina Denaro sembra essere davvero un boss in gonnella: estorsioni, gestione della cosca. Sembra che con il fratello latitante abbia un filo diretto. Tanto che quando emerge la preoccupazione che possa pentirsi il braccio destro del fratello, il re dei supermercati Despar Giuseppe Grigoli, è lei che parlando con il marito detenuto manda a dire che bisogna far sapere che “Grigoli non deve essere toccato”. Patrizia è stata vista parlare a gesti con il marito e spesso ad alzare l’indice di una mano, come a volere dire “numero uno”, suo fratello insomma. Grigoli, sentito come teste in Tribunale dopo una pesante condanna per mafia, aveva raccontato che “era una vittima dei mafiosi e di Messina Denaro”. Cosa che in carcere lo aveva fatto passare “per sbirro”. Patrizia dall’esterno aveva portato la notizia che “era tutto concordato” e che nessuno “doveva far male a Girgoli” perché l’ordine arrivava dal “numero uno”.
C’è anche la politica di mezzo – C’è la storia di un medico, l’ex assessore provinciale Doriana Licata, area del centrodestra, a suo tempo vicina anche a Gianfranco Miccichè. Suo fratello Aldo, arrestato, è stato intercettato a discutere di voti da comprare. “Poco fa sono arrivati uccelli lì … di Marsala … lo sai quanti voti ci danno a Marsala … a quei capi elettori … trecento voti, a Trapani centocinquanta voti, a Campobello ottocento…”. Una campagna elettorale molto dispendiosa, si dice con crociere pagate ai più fidati, i Licata sono imparentati con l’ex patron della Valtur Carmelo Patti. Tutti sono uomini del Belice. Dove Messina Denaro Matteo continua a comandare. E suo nipote Ciccio Guttadauro è uno di quelli che si preoccupa perché questo continui: “… sto difendendo la causa e per il culo non voglio essere preso da nessuno…”.