La Procura di Milano ha richiesto l’incidente probatorio per le dichiarazioni della compagna di Antonino Benfante, arrestato il 5 dicembre dalla Squadra Mobile guidata da Alessandro Giuliano, per i tre omicidi di Quarto Oggiaro (leggi). La data per il confronto tra la donna (trasferita in una località segreta insieme al figlio di tre anni) e Benfante, detto Nino Palermo, al momento non è ancora stata fissata, ma potrebbe avvenire prima delle festività natalizie. Tra l’altro lo stesso Benfante la scorsa settimana davanti ai magistrati si era avvalso della facoltà di non rispondere.
Nell’incontro invece i magistrati vogliono congelare le dichiarazioni della donna prima di arrivare a un eventuale dibattimento. Anche se il presunto killer, difeso dall’avvocato Roberta Ligotti, potrebbe non essere presente al confronto. Il timore è che Palermo durante il faccia a faccia possa intimidire la compagna, spingendola a ritrattare o ad abbassare il tiro delle sue accuse. Perché sono state proprio le sue parole a segnare una svolta nelle indagini e a convincere il gip Andrea Salemme a firmare l’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di Benfante, che da dieci giorni è rinchiuso nel carcere di San Vittore. “L’ho fatto per mio figlio“, racconta la donna agli investigatori. In quei verbali c’è tutto il peso della presunta responsabilità di Palermo per quei tre cadaveri lasciati sull’asfalto di Quarto Oggiaro tra il 27 e il 31 ottobre scorso.
I primi due sono quelli di Emanuele Tatone e l’amico Paolo Simone, piccolo pregiudicato della Comasina ucciso solo perché testimone. Fulminati a colpi di calibro 38 domenica 27 ottobre agli orti di via Vialba. Il terzo è quello del fratello di Emanuele, Pasquale Tatone, ucciso con tre colpi di fucile mercoledì 31 ottobre. E’ lui vero boss della famiglia, che fino all’inizio degli anni Novanta sapdroneggiava nello spaccio della periferia Nord di Milano. Per gli investigatori della Mobile, aiutati dal commissariato di Quarto Oggiaro, c’è proprio il controllo del giro di bustine di cocaina dietro quelle tre morti (leggi). Ma l’indagine va avanti e punta su altre due persone, perché il movente del solo controllo sullo spaccio lascia molti dubbi agli investigatori. Il sospetto del procuratore Alberto Nobili è che Benfante per realizzare il suo business sia stato spalleggiato da qualcuno più in alto di lui. Perché di legami pesanti, Benfante, 50 anni originario di Palermo, ne ha molti. Su tutti spiccano quelli con la famiglia di ‘ndrangheta dei Flachi. Che spuntano da un’indagine del 2012 in cui Nino Palermo è coinvolto per la tentata estorsione (aggravata dal metodo mafioso) avvenuta a gennaio 2012 ai danni di un’azienda edile di Novate Milanese. E per la quale sono stati condannati in primo grado Maurizio Massè ed Enrico Flachi (leggi), fratello del superboss della ‘ndrangheta Giuseppe Flachi, recentemente condannato per mafia ma attualmente ai domiciliari per problemi di salute. E proprio Massè è un vecchio amico di Benfante, i due finiranno in carcere dopo il blitz Terra bruciata, l’inchiesta dell’antimafia milanese che nel ’94 stronca lo spaccio dei Crisafulli a Quarto Oggiaro. Benfante con il ruolo di luogotenente di Biagio dentino Crisafulli, Massè con quello di acquirente delle buste di eroina e di spaccio davanti al bar Quinto in via Pascarella.
Ma a incastrare Palermo per le uccisioni dei Tatone e di Simone, non ci sono solo le parole della donna che da subito ha collaborato con la polizia. C’è anche un’intercettazione che spiega il movente: “Lui voleva prendersi il giro“. La frase viene captata dalle cimici piazzate nella cella di Nicola Tatone, fratello dei due sparati. E c’è il cellulare di Nino Palermo che all’ora del duplice omicidio del 27 ottobre aggancia la cella telefonica degli orti di via Vialba tra Quarto Oggiaro e Novate Milanese.