Farina, acqua, lievito. Per fare una pizza si parte con poco, ma spesso ciò che nasce spontaneo va affinato, migliorato. Lo sa bene Andrea Bonotto, 37 anni, con la sua storia di ingredienti semplici e perseverante cura per migliorarsi. Andrea arriva in Australia nel 2001, stanco dell’Italia e senza grandi progetti. A Vicenza, prima di partire, aveva fatto vari lavori, dall’import-export di abbigliamento, al magazziniere, al servizio civile. L’università era stata scartata: “Avevo già fatto tribolare abbastanza i miei quando ero alle superiori”, racconta. Poi, partito per visitare alcuni amici, inizia una nuova vita dal basso dall’altra parte del mondo, come capitò a molti connazionali nei decenni passati (“Bello, onesto, emigrato Australia…”, per dirla alla Alberto Sordi).
Nella prima casa in cui vive a Brisbane con altre 12 persone gli tocca un posto letto in garage, e quando piove entra anche l’acqua: “Nonostante tutto stavo bene, la vita era così semplice”. Con il passare del tempo, Andrea cambia. Studia e lavora 5 anni come massaggiatore sportivo, poi si laurea in scienze motorie e scienze dell’educazione e per due anni insegna educazione fisica e scienze in un istituto superiore. Le lezioni sono ben pagate ma occasionali, e così Andrea si inventa un nuovo lavoro nel paesino di campagna del New South Wales dove vive con moglie e due figli. “Avevamo da parte 5000 dollari australiani, circa 3500 euro. Li abbiamo investiti tutti nell’acquisto di un forno e di un carrello”.
Così, tre sere a settimana, Andrea si sposta con il suo carretto dotato di moderno forno a legna per fare pizze take away nei paesi intorno al suo. Per la trafila burocratica e i controlli igienici sono bastati tre giorni. “In zona non ho competitori, i ristoranti non fanno take away e siamo a circa 10 chilometri dal paese più vicino”. Con una media di 20 chili di mozzarella a settimana, Andrea e sua moglie sfornano circa cento pizze a sera. Un’attività che mantiene tutta la famiglia: “Diciamo che non navighiamo nell’oro, ho ancora la mia solita macchina di vent’anni. Però paghiamo il mutuo, e abbiamo quanto basta per vivere bene e goderci i nostri figli”.
Ma c’è un colpo di scena. Nonostante il successo della sua attività, Andrea ha già progettato il grande rientro: “Ci trasferiremo in Italia nel maggio 2015. Bisogna fissare una data, se no non parti mai. Qualche mese per adattarsi, e poi i bambini inizieranno la scuola a Vicenza”. Viene da chiedersi se Andrea non rischi di andare incontro ad un disastro. “Lo faccio per i miei genitori, e perchè ho bisogno di tornare a casa. Capita lo stesso con i vecchi amori, no? Dopo qualche anno, invece di ricordare il peggio, ricordi le cose belle. Magari te ne vai con rancore, ma da lontano il tuo paese diventa quasi una terra promessa. Prendi il mio idraulico, ha 80 anni ed è venuto in Australia quando ne aveva quattro. Non ha mai smesso di sognare un ritorno in Italia, e quest’anno l’ha fatto. Si è divertito come un matto, ma ha scoperto che non era la terra che aveva tanto idealizzato. E’ un errore facile da fare anche per me, che sono qui da dodici anni. Non pensavo di stare via così tanto”.
Inventarsi un nuovo lavoro non preoccupa Andrea: “Mi sono reso conto che torno in Italia da emigrato, come quando sono venuto in Australia. A parte i miei, lì non ho niente. Non ho idea di cosa fare. Se devo lavare piatti, lo farò. Voglio però che i miei figli si sentano italiani così come si sentono australiani. Non so cosa sceglieranno fra trent’anni, ma voglio che sentano l’Italia come una loro terra”. Allora è vero che il tempo guarisce ogni ferita, che siano grandi amori, o un tormentato passato italiano? “Pensavo l’altro giorno a cosa mi ha detto un amico poco prima di partire: ricordati che essere coraggiosi è rimanere via, non solo partire. In effetti a volte scappare dai problemi non è la soluzione migliore. Io ho la testa dura e sono rimasto per molti anni, ma ho tanto, tanto rispetto per le persone come mia sorella, che amano l’Italia e ci rimangono, per quanti sacrifici comporti. Dove sei conta poco. Per farcela, conta di più chi sei”.