Uno studio della European Railway Agency (mai smentito) spiega che investire di più non è una "performance di sicurezza sostenibile". E suggerisce una formula matematica da mettere in conto quando si chiude il bilancio societario. I costi sociali (risarcimenti per vittime e feriti) in Europa rappresentano il 73% dei costi degli incidenti
Fwsi: fatalities and weighted serious injuries. Sono i morti e i feriti gravi delle ferrovie d’Europa: amputati, ustionati, travolti, schiacciati. Ma per la Era, l’Agenzia ferroviaria europea, sono “Fwsi = Morti e feriti seri pesati = 1 F + SI/10”. Una sigla di un algoritmo, una formula matematica da mettere in conto quando si fa il bilancio societario. Una voce di spesa che solo nel 2011 è costata tanto, “troppo”, alle compagnie ferroviarie: più di 2,5 miliardi di euro. E che va tagliata. A qualsiasi costo? No: le spese per aumentare la sicurezza devono portare un uguale risparmio tra i risarcimenti per morti e feriti. Altrimenti più sicurezza non è conveniente, o, per dirla con le parole dell’Agenzia europea, non è una “performance di sicurezza sostenibile”.
A dirlo, in particolare, è uno studio della European Railway Agency, l’Agenzia ferroviaria dell’Ue che dal 2005 sviluppa modelli e fa raccomandazioni, in tema di sicurezza ferroviaria, alla Commissione europea, che le elabora in direttive per gli Stati membri. E’ un organismo dell’Unione Europea e – spiega il sito ufficiale – ha l’obiettivo di realizzare un’area ferroviaria europea competitiva e “assicuri i livelli di sicurezza richiesti”.
Lo studio è stato pubblicato per la prima volta nel 2008, firmato da Angelo Pira e Roberto Piazza, coordinatori del progetto di Era, e Torben Hollvad, consulente, e intitolato “Una prestazione di sicurezza sostenibile per le ferrovie”. Si legge: “Sia un ‘eccesso di sicurezza’ (biglietti e costi di accesso più alti) che una ‘carenza di sicurezza’ potrebbero spingere i clienti a cambiare modo di trasporto”. Il ragionamento è chiaro: troppe spese per la sicurezza ferroviaria fanno aumentare il prezzo del biglietto, cioè troppa sicurezza non è sostenibile perché le ferrovie perderebbero clienti. Dall’altro lato, spendere troppo poco in sicurezza può provocare un numero di incidenti tale da scoraggiare i clienti a scegliere il treno. Il livello di sicurezza sostenibile, in un modo o nell’altro, non deve far scappare i clienti.
Nel paragrafo “Prestazione di sicurezza sostenibile, cosa è?” l’Agenzia ferroviaria europea arriva dritta al punto e svela la soluzione: la prestazione di sicurezza sostenibile è “la prestazione raggiunta quando la riduzione ‘dell’impatto economico degli incidenti’ è uguale al costo delle misure da implementare per ottenere tale riduzione”. In altre parole, ogni investimento fatto per migliorare la sicurezza, deve far risparmiare la stessa cifra negli incidenti ferroviari.
Facendo un esempio, secondo l’Agenzia ferroviaria europea non è sostenibile spendere 100 euro per delle misure di sicurezza che fanno risparmiare solo 50 euro in morti, feriti e danni. Il modello della “prestazione di sicurezza sostenibile” è stato presentato in convegni in Italia e oltreoceano. Il 6 ottobre 2008 Pira, uno degli autori, l’ha portato alla conferenza internazionale sulla sicurezza ferroviaria di Denver, in Colorado, mentre il 20 marzo 2009 lo ha illustrato anche all’università di Roma, al convegno nazionale sulla sicurezza e l’esercizio ferroviario. Tre mesi dopo – il 29 giugno – un treno merci deragliò nella stazione di Viareggio e da un carro cisterna fuoriuscì gpl: morirono 32 persone, altre decine rimasero gravemente ferite.
“Tutta l’impostazione della normativa europea sulla liberalizzazione fa a pugni con il concetto di natura costituzionale previsto dal nostro ordinamento, che tutela la salute delle persone e la vita umana quale bene primario con particolare riguardo ai principi contenuti nell’articolo 2087 del Codice civile, che impone l’adozione di tutte le misure ‘tecnicamente possibili'” dichiara al fattoquotidiano.it Dante De Angelis, uno dei 12 ferrovieri rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza ammessi come parte civile nel processo per il disastro della Versilia. “Mentre i nuovi principi europei che si stanno affacciando – continua il macchinista – prevedono ‘soglie di accettabilità del rischio’ anche riguardo ad eventi catastrofici e ad infortuni mortali. Si effettua un cinico calcolo costi-benefici dove le spese per la prevenzione degli incidenti vengono messe a confronto con quelle del risarcimento dei morti. Ad esempio proprio sulla base di questi calcoli l’Agenzia europea ha scelto di non rendere obbligatorio il rilevatore di svio sui treni merci, un dispositivo che non elimina i deragliamenti ma ne limita gli effetti fino ad annullarli. A Viareggio quell’oggetto, dal costo di 500 euro, avrebbe fatto la differenza”.
La sicurezza nelle ferrovie europee è un problema serio, anche per quanto riguarda i soldi: oltre ai “costi sociali” (risarcimenti per morti e feriti seri), che in Europa costituiscono più del 73 per cento dei costi medi degli incidenti ferroviari, bisogna considerare anche i danni all’ambiente (28 gli incidenti che nel 2011 hanno coinvolto materiale pericoloso nei Paesi membri), quelli alle infrastrutture e i costi dei ritardi. In Europa peraltro una volta ogni due giorni deraglia un treno o c’è una collisione. Tutte cifre tratte dal “Rapporto intermedio sullo sviluppo della sicurezza ferroviaria nell’Unione europea” pubblicato nel maggio 2013 dalla stessa Era. Nel rapporto si legge: “Comunque, è diventato difficile sostenere la tendenza a ridurre i decessi sulle ferrovie”. I morti e i feriti costano tanto. Ma, a volte, sono più sostenibili.