Una tacca in più nell’escalation della brutalità e della ferocia di Kim Jong-un, giovane leader ereditario di uno dei Paesi meno liberi e più arretrati del mondo, la Corea del Nord. La purga che sfocia nell’arresto e nell’eliminazione, in pochi giorni, dello zio e mentore Jang Sing-Thaek, oltre che di due suoi stretti collaboratori, segna forse il momento di scontro più violento al vertice del potere da decenni. E gli analisti si chiedono se la frenesia sanguinaria di Kim – da agosto, le esecuzioni collettive e pubbliche si sono succedute – sia il frutto di una percezione d’instabilità, o di un controllo assoluto della situazione interna. Oppure, e sarebbe la spiegazione più agghiacciante, d’una mancanza d’equilibrio mentale, che farebbe del giovane dittatore una sorta di moderno Nerone che vuole sbarazzarsi del maestro Seneca.
Se questa fosse la realtà, l’equilibrio della Corea del Nord, che ha l’atomica, anche se non ha strumenti per colpire nemici lontani, sarebbe precario e il Paese sarebbe un interlocutore assolutamente inaffidabile. Uno scenario che alimenta ansie a Washington e, ovviamente, a Seul, dove la vigilanza è alta, ma anche a Pechino, Tokyo, Mosca e in Europa. Alcuni capi d’imputazione contro Jang – applausi tiepidi a un discorso del nipote, a esempio – indicano, di per sé, un rafforzamento del culto della personalità, già molto forte. Purghe, campi di lavoro cui sono condannati i familiari dei ‘ traditori’, sorveglianza della popolazione ossessiva: tutto ciò induce gli osservatori a considerare il ‘ Regno Eremita ’ – per il suo isolamento internazionale – l’ultimo regime staliniano.
Ma la confessione di Jang, riferita dall’agenzia di stampa ufficiale Kcna, può anche suggerire un’alternativa: lo zio mentore, 67 anni, avrebbe ammesso di “avere cercato di attizzare le lamentele di popolo ed esercito contro il fallimento del regime nel far fronte alla crisi dell’economia e alle esigenze della popolazione”: Jang voleva innescare un’apertura alla cinese. A Seul c’è chi ritiene che l’esecuzione di Jang, arrestato durante una riunione ufficiale, processato, condannato come traditore e messo a morte, mascheri “una instabilità cronica” – ma la dinastia dei Kim dura da oltre 60 anni. Nulla di nuovo nei metodi, perché il nonno Kim Il-sung e il padre Kim Jong-il fecero lo stesso: negli Anni ‘ 70 Kim Jong-il si sbarazzò d’uno zio insidioso allo stesso modo. L’obiettivo è sempre instillare nella popolazione il terrore per garantirsene lealtà e obbedienza.
Dei 7 dignitari ritratti al fianco di Kim il giovane in occasione dei funerali del padre, dicembre 2011 – la ‘ banda dei 7 ’, per la stampa sudcoreana – 5 sono fuori gioco, messi da parte, se non eliminati. Segni premonitori della stretta c’erano stati, anche se le informazioni dalla Corea del Nord sono difficili da verificare – gli Usa, ieri, non avevano conferme dell’accaduto, ma non avevano “motivo di dubitare” della Kcna. Il 3 novembre, in sette località, 80 persone sarebbero state giustiziate in pubblico con capi d’imputazione futili come aver guardato la tv sudcoreana, o possedere una bibbia, o aver diffuso materiale pornografico e praticato la prostituzione.
In agosto, un quotidiano di Hong Kong raccontò la fucilazione di 12 persone, tra cui l’ex fidanzata di Kim, Hyon Song-woi, nota cantante. Tutti facevano parte di band musicali: condannati perché colpevoli di pornografia, pare per essersi fatti fotografare mentre facevano sesso, e messi a morte nel giro di 3 giorni.
il Fatto Quotidiano, 14 Dicembre 2013