Stamattina sono andata a comprare dei regali. Purtroppo la mia piccola libreria preferita alle dieci è ancora chiusa. Così opto per l’altra, quella più grande. Quest’anno vorrei regalare solo libri. Ho scelto: La storia del mondo in cento oggetti, per un ragazzo innamorato dell’arte; un libro di John Ruskin sul disegno per mio marito; Delle donne, degli ebrei e di me stesso di Romain Gary; di Alexander Hemon, Il libro delle mie vite. Poi Stoner di John Williams, da tenere in caso venga qualche amico inatteso a farci gli auguri. L’ho già regalato a sorelle, madre e fratello. Ho comprato anche una copia del libro che ha scritto mia madre Rosetta, Gli anni fra cane e lupo, che mi è molto piaciuto e mi ha molto angosciato. (So che questa ultima frase mi attirerà molte accuse di scorrettezza, partigianeria, pubblicità indiretta. Pazienza).

Il commesso mi chiede: “Come è Stoner? L’ho sul comodino da qualche giorno”. “Per me, è un piccolo capolavoro. Ha qualcosa di misterioso”.
“Davvero?”.
“Sì. Semplice, incredibilmente perfetto. Non racconta niente di eccezionale, ma il protagonista, il signor Stoner, non si dimentica più. Rimane con il lettore anche una volta chiuso il libro”.
Pago.
“Nella stanza in fondo c’è un ragazzo che fa i pacchi”, mi dice il commesso.
Mi avvio. In fila c’è una signora molto carina, ben vestita, con in testa un bel berretto colorato. Ha in mano due libri di cucina.
“Ho sentito che parlava al commesso di un romanzo”.
“Oh sì. Questo”, e lo tiro fuori dalla pila che ho in mano.
“E’ bello davvero?”.
“Davvero. Se si comincia, non si può smettere. E’ una storia dolente, ma maestosa. La fine è commovente”.
E’ incerta. Gira il libro tra le mani. “Non sono una gran lettrice”, mi dice con uno sguardo perplesso.
“E’ la storia di un ragazzo che un giorno scopre la bellezza della letteratura e della poesia. Grazie a questa rivelazione, sopravvive alle prepotenze e alle invidie, al disamore e all’indifferenza. Non si lamenta mai, accetta la vita senza giudicarla. D’altronde, viene da una tetra famiglia di agricoltori, poveri e induriti dal lavoro. E’abituato da generazioni alla cattiveria”. Non è ancora convinta.
“E’ una storia scritta senza enfasi, con freddezza, ma, in realtà, nasconde una grande passione, una dolcezza controllata”.
I miei occhi devono avere una luce convincente, le mie parole sono sincere.
“Mi può tenere il posto? Vado a prenderne una copia anche io”.

Buon Natale e buona lettura, alla signora e a tutti voi.

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