Salvini vuol prenderci a calci in culo ma perché invece non viene a confrontarsi con noi? Cita Grillo e dal palco del Lingotto di Torino annuncia: “Senza fare liste di proscrizione, dal prossimo congresso” chi tra i giornalisti “dimostra obiettività morale entra, gli altri possono uscire a calci in culo”. E ancora: “Chi attacca la Lega, chi attacca il Nord deve cominciare ad avere paura”. E via così. Fino alla minaccia agli stessi leghisti: se vi becco a parlare con i giornalisti siete fuori dal partito. “Da qui a maggio non ci può essere una virgola interna fuori posto, da domani le segreterie dovranno essere luoghi d’incontro, di dibattito, di scontro, se serve, ma fuori, per quanto mi riguarda, una virgola che esce per sputtanare qualcuno, quello è fuori, di quelle persone non c’è più bisogno”.

A far infuriare Salvini è stato l’ultimo post sulle primarie del Carroccio che gli abbiamo dedicato e che sui social network padani ha scatenato l’ira del neosegretario, delfino di Roberto Maroni, tanto da spingerlo a insulti e minacce ma non al più democratico confronto.

Anche il vecchio Capo, il Senatùr Umberto Bossi, alla fine del suo impero si comportava così: cacciava i giornalisti che si permettevano di criticarlo e scrivevano del cerchio magico. E’ capitato a diversi colleghi. Ma appunto il Senatùr era alla fine del suo impero non all’inizio come Salvini è oggi. Da un neosegretario, magari ingenuamente, ci si aspetta la volontà di appianare i conflitti, non fomentarli; di confrontarsi, non di insultare e minacciare. Ma è anche vero che il tempo è poco, fino alle prossime europee. E così Salvini promette di tornare a Pontida, storico prato abbandonato dalla Lega infighettita di Maroni; alza i toni tentando di imitare il vecchio Capo Bossi. Va detto: Salvini scalda i 500 delegati. Ma troppi coltelli girano ancora per via Bellerio e per quanto possa minacciare le epurazioni interne sappia, Salvini, che l’epilogo definitivo del Senatùr avvenne proprio quando cominciò a distribuire purghe. Più cacciava e più su la stampa emergeva il marcio che regnava nel fortino di via Bellerio.

Ecco forse il nuovo segretario dovrebbe tener conto dell’intera storia del Carroccio del quale del resto lui fa parte da oltre venti anni, trascorsi tra il Comune di Milano e Bruxelles. Lo stesso Parlamento Europeo che dal palco del Lingotto ha criticato e definito composto da mostri. Lui c’è arrivato nel 2004. Salvini andò a Bruxelles a occupare una poltrona conquistata da Bossi insieme a Speroni e con loro due portarono due assistenti d’eccezione: il fratello di Umberto, Franco Bossi, e il figlio Riccardo, sì quello delle macchine e degli alimenti alla ex moglie pagati con i soldi del partito, oltre a varie amenità. Forse neanche questo rientra nella “obiettività morale” di cui parla da Torino. E va detto che sono passati venti anni e che il giovane Salvini non avrebbe potuto di certo esimersi alla richiesta del Capo né sapere che avrebbe poi combinato Riccardo. Però la storia della Lega è anche questa. E non si può prescindere da quello che è stato.

Ha ragione Salvini a reclamare obiettività. Ma deve esserci nel bene e nel male. Il Carroccio è stato un grande partito del Nord che però ha deluso moltissimi elettori. Molti oggi erano ad ascoltare Matteo Renzi che non a caso ha riunito l’assemblea del Pd a Milano e ha parlato di Nord, questione settentrionale e temi storicamente della Lega. Invece di invocare collettive pedate ai culi dei cronisti Salvini potrebbe confrontarsi, ammettere gli errori commessi e ripartire da lì. E invece no, anche le mutande verdi acquistate a spese della Regione Piemonte dal governatore Roberto Cota, che fra l’altro ha goffamente colpevolizzato la segretaria (sicuramente colpevole, per carità, ma è un uomo quello che da presidente di una regione scarica la responsabilità su un sottoposto? E nella Lega son tanti…), bè Salvini dice che non si deve chiedere scusa. E per carità ha ragione a dire che con la gestione di Cota il costo della Regione Piemonte è diminuito di 30 milioni di euro. Vero. Verissimo. Sacrosanto. Ma appunto a fronte di una cosa positiva ce n’è anche una negativa, e andrebbero riconosciute entrambe. Se si pretende obiettività si deve anche essere obiettivi, perché, come scrisse Giovanni Sartori, “con i signorsì il percorso è breve”.  

Nonostante ci definisca ‘Pacco Quotidiano’ invitiamo Salvini a un confronto pubblico sulla web tv del Fatto. Per parlare del positivo e anche del negativo, obiettivamente. Che ne dice?

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