Non vuole passare per l’ultimo soldato giapponese che non accetta la resa ai renziani trionfanti. Se qualcuno ha qualche dubbio sulla sua legittimità, il duello lo propone lui: “Sono pronto a rifare le primarie e a rimettere la mia carica anche nel 2014, non ho paura”. Siamo nel cuore della rossa Emilia, Luzzara, 10 mila abitanti, paesino tanto rosso da avere dato i natali a Bruno Fortichiari, deputato comunista arrestato nel 1924 dal regime fascista. Andrea Costa è il sindaco dal marzo del 2010 e dal 4 novembre 2013 è diventato segretario provinciale del Partito Democratico.
Eppure dopo il trionfo di Matteo Renzi alle primarie dell’8 dicembre, come in molte altre parti d’Italia, i seguaci del rottamatore hanno iniziato ad alzare la voce. E chi, come Costa, non si era schierato col sindaco di Firenze, è stato bersaglio di dure critiche. Così a poco più di un mese sente già la poltrona traballare, ma non si fa intimorire: “Io con le primarie ho fatto tutta la mia breve carriera politica. Non mi spaventa mica affrontarle”, spiega a ilfattoquotidiano.it.
A mettere in dubbio la sua rappresentatività erano state le parole dei due renziani più importanti di Reggio Emilia (se si esclude il ministro Graziano Delrio): Beppe Pagani e Giammaria Manghi: “Nessuna rivendicazione, ma nella composizione degli organi provinciali deve esserci una presa d’atto del risultato delle primarie nel nostro territorio”, aveva spiegato subito dopo il voto Pagani, il consigliere regionale sempre a fianco di Renzi nelle sue visite in città. “Bisogna ora sgombrare il terreno da qualunque ipotesi precedente, che è stata asfaltata dal voto degli elettori. Credo sia responsabilità di un gruppo dirigente che fino a oggi ha avuto una distanza siderale con gli elettori decidere se prendere atto di quanto è successo, o continuare con il divorzio dai cittadini che dura da anni”.
Un concetto ribadito in un’intervista sulla locale Gazzetta di Reggio anche da Giammaria Manghi, un anno fa bersaniano di ferro, sfidante renziano di Costa alle primarie di novembre: “Il voto dell’8 dicembre aggiunge un elemento al confronto politico che non può essere sottaciuto, e che riverbera profondamente anche sull’individuazione della segreteria e delle proposte politiche”. Come dire: o accetti i nuovi equilibri nazionali, oppure, caro segretario provinciale, fatti da parte.
Sì, perché il punto sta tutto nella scelta della segreteria provinciale. Dopo la sua elezione il 4 novembre alla guida di una delle federazioni più gloriose d’Italia e una di quelle con più iscritti, Andrea Costa non ha ancora scelto i suoi uomini. Le strade per farlo sono due. Una è quella utilizzata del segretario provinciale della vicina Bologna, Raffaele Donini. Nonostante il fatto che la asfaltata renziana non abbia risparmiato nemmeno il capoluogo emiliano, Donini, che aveva scelto Cuperlo alle primarie, martedì 10 dicembre ha fatto una segreteria a maggioranza cuperliana. Alla faccia delle proteste dei sostenitori renziani. In casa sua comanda lui.
Oppure Andrea Costa (il cui nome e cognome – assicura lui – non gli deriva dal primo deputato socialista della storia d’Italia) potrebbe seguire il consiglio del suo diretto superiore, Stefano Bonaccini, segretario regionale ancora in carica e ormai braccio destro in segreteria nazionale di Matteo Renzi. “Mi auguro –ha spiegato Bonaccini riferendosi ai segretari provinciali – che tengano conto del voto arrivato con le primarie. Credo che sia giusto discutere a livello territoriale dei singoli equilibri”.
Il politico di Luzzara non è convinto e vuole fare di testa sua. “Che le tre mozioni delle primarie dell’8 dicembre vadano rappresentate è corretto, perché si porta il contributo di tre sensibilità diverse. E infatti la direzione della federazione l’ho fatta così, con le tre anime ed è stata votata all’unanimità”, spiega Costa. “Però non accetto per la segreteria il ragionamento per correnti. Piuttosto si discuta per nomi e per le qualità delle persone. Inutile mettere un pescatore a occuparsi di pubblica istruzione solo perché fa parte di un determinato schieramento”.
Se a qualcuno tutto questo non va bene, Andrea Costa è pronto a tornare ai gazebo del Pd: “Dopo quelle interviste in cui venivo criticato, quegli stessi renziani mi hanno personalmente assicurato che non intendevano con quelle parole mettere in discussione il mio ruolo”. Ma il segretario provinciale non sembra fidarsi: “Da qui a dieci mesi, passate le elezioni amministrative, quelle europee, il congresso regionale e dopo avere provato a lavorare per arginare la perdita dei posti di lavoro, se non vado bene, allora nuove primarie”.