Verrà presentato oggi alla Camera dei deputati, il primo rapporto dell’Associazione Carta di Roma, nata nel dicembre 2011 per garantire l’attuazione del codice deontologico per un’informazione corretta sui temi dell’immigrazione. Un progetto siglato dal Consiglio nazionale dell’ordine dei giornalisti (Cnog) e dalla Federazione nazionale della stampa italiana (Fnsi), su sollecitazione dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) nel giugno del 2008.
L’indagine “Notizie fuori dal ghetto” evidenzia una tendenza positiva e un notevole miglioramento rispetto al passato in merito alla considerazione che il mondo dell’informazione dedica all’argomento. Dal 2012, infatti, aumentano significativamente le notizie sull’immigrazione e l’asilo legate alla società, come lavoro, economia e istruzione, mentre diminuiscono quelle connesse all’ambito della cronaca, in particolare la nera, che invece trova ampio spazio solo sulle testate locali. Quotidiani come Corriere del Veneto, Giornale di Sicilia, Il Messaggero e il Resto del Carlino dedicano il 50% degli articoli sull’immigrazione alla cronaca nera, fino al 60% della Gazzetta del Mezzogiorno.
Le prime pagine dei giornali dedicano sempre più attenzione alla tematica dello ius soli, il diritto di cittadinanza per i figli degli immigrati, e questi ultimi trovano anche maggiore spazio all’interno dell’informazione televisiva, che attraverso la narrazione delle loro storie personali e delle loro difficoltà, gli garantisce un ruolo di protagonisti attivi delle notizie.
Un approccio che ha anche cambiato la connotazione del velo, il quale assume un significato diverso rispetto al passato, giacché le donne che lo indossano non sono più rappresentate come soggetti passivi e sottomessi, ma piuttosto come giovani attive che scelgono consapevolmente di portalo e si impegnano per il riconoscimento dei propri diritti.
Rimane invece pressoché invariata la descrizione dei flussi migratori, la cui trattazione del tema continua a essere legata all’icona mediale dello sbarco, in cui la questione specifica dei richiedenti asilo emerge solo con le terribili tragedie di Lampedusa, in cui hanno perso la vita 366 profughi.
Permane inoltre la connotazione etnica delle notizie, dove la nazionalità dell’immigrato viene specificata in prima pagina nel 32% dei casi analizzati, il 59% delle volte facendo riferimento a episodi di cronaca nera. Un approccio che tende a ridurre l’analisi di un fatto a una mera questione culturale, come per esempio accade nei casi di femminicidio contro le donne immigrate. La stessa situazione viene descritta come “omicidio comune” o “omicidio passionale” quando i protagonisti in causa sono di nazionalità italiana, mentre diventano “omicidi culturali” quando riguardano soggetti stranieri, dove l’analisi della cultura di riferimento diventa la spiegazione del fatto.
Un altro elemento riscontrato dal rapporto riguarda la stigmatizzazione dell’informazione relativa a Rom e Sinti, spesso ancora definiti “zingari” o “nomadi”, il cui linguaggio scorretto e l’etnicizzazione dei reati finisce per creare un pregiudizio dei confronti di un’intera comunità, piuttosto che colpevolizzare solo l’individui che ha commesso il reato.
Trovano tuttavia molto più spazio anche le notizie legate a episodi di razzismo, nel 42% dei casi riguardanti episodi di cronaca nera, nel 15% inerenti commenti o affermazioni di forze politiche e nel 13% connessi al mondo del calcio.
L’analisi emersa dal rapporto dell’Associazione Carta di Roma, alla cui presentazione prenderanno parte anche la ministra dell’Integrazione Cécile Kyenge e la presidente della Camera Laura Boldrini, mette in evidenzia le tendenze che “la professione giornalistica sta sperimentando per produrre qualcosa di più idoneo a raccontare le sfide contemporanee” di una realtà estremamente mutata rispetto al passato, composta da una cittadinanza multiculturale che ha diritto a una rappresentazione meno stereotipata e pregiudizievole all’interno degli organi d’informazione, anche in relazione alla grande influenza che i media hanno nel senso comune di una società.