Un sistema “quasi orwelliano”. James Madison sarebbe “esterrefatto” di fronte ai modi in cui il governo americano abusa delle libertà dei cittadini. Sono le parole, durissime, usate da un giudice federale di Washington, Richard J. Leon, per definire “contrario al Quarto Emendamento”, quindi incostituzionale, il programma di intercettazioni della National Security Agency. “Non riesco a immaginare una più indiscriminata e arbitraria invasione della privacy dei cittadini”, scrive il giudice nella sua sentenza, che arriva pochi giorni dopo un altro brutto colpo per la Nsa. La Commissione nominata da Barack Obama per indagare sulle intercettazioni ha infatti concluso i suoi lavori e chiede “limiti all’azione della National Security Agency”. Il lavoro dell’agenzia di intelligence, però, è stato elogiato da Mike Rogers, presidente della Commissione permanente sull’Intelligence del Congresso Usa. Nel corso di una conferenza stampa al Parlamento Ue sul caso Snowden, infatti, ha spiegato che la Nsa ha bloccato “54 tentativi di attentato terroristico”, di cui un quarto negli Usa e il resto in Europa.
“La sentenza del giudice Leon è la prima di una lunga serie”, ha esultato Glenn Greenwald, il giornalista/attivista che con Edward Snowden ha dato il via allo scandalo intercettazioni. Da Mosca, dove si trova in esilio, è arrivato anche un commento dello stesso Snowden: “Ho agito perché credo che il programma di sorveglianza di massa della Nsa non sopravviverebbe a un esame di costituzionalità”, ha detto Snowden. In realtà, il giudice Leon ha sospeso la sua sentenza, “alla luce dei significativi interessi di sicurezza nazionale qui in gioco”, e ha dato al governo sei mesi per fare appello. Ciò non toglie che il suo giudizio, che arriva in risposta alla causa intentata da un gruppo guidato dall’esperto di questioni legali Larry Klayman, sia una bocciatura gravissima per il governo americano e per l’attività della più potente agenzia di intelligence al mondo.
Se le aule dei tribunali si rivelano poco favorevoli alla Nsa, la stessa cosa sembra essere sempre più vera anche per la politica di Washington. Il rapporto preparato dalla Commissione nominata da Barack Obama e diffuso in questi giorni indica una serie di gravi distorsioni nelle attività della National Security Agency e propone cambiamenti profondi nella sua struttura ed attività. Tra questi, c’è la proposta di rendere pubbliche le misure prese dal governo Usa per proteggere la privacy dei cittadini stranieri intercettati dalla Nsa. La proposta è destinata a sollevare molte obiezioni da parte dei dirigenti dello spionaggio. In un’intervista di due mesi fa il generale Keith Alexander, attuale direttore della Nsa ma presto in pensione, aveva spiegato che qualsiasi restrizione o richiesta di trasparenza sarebbe “ingenua”.
Una delle tesi rilanciate in questi mesi da Alexander e dal suo team è infatti quella secondo cui è necessario avere le mani il più possibile libere nelle intercettazioni di telefonate, mail e movimenti degli stranieri, che non sono protetti dal Quarto Emendamento. Un’altra “raccomandazione” della Commissione che creerà polemiche è quella che invita alla creazione di una squadra di “difensori pubblici” per contrastare le richieste della Nsa davanti alla Foreign Intelligence Surveillance Court, il tribunale che autorizza le intercettazioni. La squadra di avvocati/difensori pubblici, nelle intenzioni della Commissione, ha lo scopo di ovviare alle distorsioni di un tribunale dove al momento non esiste alcun tipo di difesa per gli intercettati. In generale, il rapporto mira soprattutto a una più vigorosa rete di controlli gestiti direttamente dalla Casa Bianca. Dovrebbe essere il presidente, infatti, a decidere quali leader stranieri monitorare, riducendo al minimo l’autonomia di cui in questi anni hanno goduto i vertici dell’Nsa. Una procedura che nelle ultime settimane, fanno sapere fonti anonime della Casa Bianca al New York Times, è già stata assunta. “Non lasciamo più la gestione a Jim Clapper”, ha spiegato la fonte, facendo riferimento al direttore della National Intelligence che era sinora la massima carica impegnata a revisionare il programma di spionaggio ai leader stranieri.
Il rapporto della Commissione rappresenta il primo, visibile episodio di un deciso mutamento di rotta della politica americana nella gestione delle questioni di intelligence. L’azione di Edward Snowden, il whistleblower costretto a rifugiarsi a Mosca e ricercato dalla giustizia Usa per la diffusione di molti dei principali piani dell’Nsa, è stata oggetto di condanne severe da parte della quasi totalità dei politici di Washington, ma ha lasciato il segno e soprattutto dà ora il via a un ripensamento dell’intera struttura dei servizi. La portavoce del National Security Council ha rifiutato per il momento qualsiasi commento sulle proposte della Commissione presidenziale. “Dobbiamo fare in modo che le nostre risorse di intelligence sostengano in modo efficace i nostri obiettivi di politica internazionale e di sicurezza nazionale”, ha detto la portavoce. Un modo per riaffermare implicitamente il proprio punto di vista e segnalare che i servizi americani non resteranno inerti di fronte a qualsiasi tentativo di limitarne poteri e prerogative.