Inaugura la stagione della danza a Milano la Serata Ratmansky con Roberto Bolle e Svetlana Zakharova. Nonostante i nomi di richiamo, la rappresentanza sindacale del corpo di ballo prende le distanze dalle "eventuali problematiche che potrebbero insorgere" visto che “si è arrivati a malapena ad appiccicare i passi in qualche modo". Il timore è quello di ripetere l'insuccesso della Traviata
Mancano entusiasmo e sicurezze, manca l’adrenalina delle ore prima del debutto, manca ancora un pezzo di coreografia. Dopo il galà del 7 dicembre, questa sera inaugura la stagione della danza del teatro alla Scala di Milano con la Serata Ratmansky, uno spettacolo dedicato all’arte russa con Roberto Bolle e Svetlana Zakharova.
Grandi nomi, ma le premesse sono tutt’altro che positive. La rappresentanza sindacale del corpo di ballo del teatro milanese ha diffuso una nota per prendere le distanze dal proprio spettacolo. I lavoratori si considerano “completamente sollevati dalla responsabilità di eventuali problematiche che potrebbero insorgere”. Nel fine settimana le prove generali a porte chiuse sono andate bene e tra i ballerini è riaffiorata la speranza di un successo.
“Denunciamo le inefficienze organizzative nella programmazione del lavoro che sempre più mettono a rischio la resa e la qualità degli spettacoli” si legge nel comunicato firmato dalle rappresentanze sindacali. Fino a poche ore fa i ballerini non conoscevano ancora tutte le parti: “Si è arrivati a malapena ad appiccicare i passi in qualche modo – spiega il documento – Ci sono stati continui cambiamenti di programma, sia per gli orari che per gli spostamenti dalla scena alla sala e viceversa”. Il corpo di ballo contesta la cancellazione di alcune prove, tra queste la prima esercitazione insieme all’orchestra. Anche se per “la disponibilità e la flessibilità dei ballerini si dovesse dare vita all’ennesimo miracolo – conclude la nota – la direzione del teatro (guidato da Stéphane Lissner a cui succederà, nell’ottobre 2014, il nuovo sovrintendente Alexander Pereira) non può continuare a ignorare la grave situazione che denunciamo da tempo”.
Già un anno fa la prima della danza era diventata un caso. Erano di tutt’altro tenore, però, le rivendicazioni che bloccarono l’inaugurazione dello scorso dicembre. Allora doveva andare in scena il Romeo et Juliette, ma saltò per uno sciopero: i coristi pretendevano un compenso extra per prendere parte alla coreografia studiata da Sasha Waltz, i ballerini per via del palcoscenico in pendenza. La Scala è una struttura fortemente sindacalizzata, ogni reparto e funzione ha una sigla più o meno egemone e negli anni le proteste sono state una costante.
Oggi al Piermarini mancano i soldi e, quel che è peggio, anche le idee. Scampato il pericolo del taglio del numero di consiglieri del teatro previsto dal decreto cultura, c’è da riempire al più presto il vuoto di potere che si è creato negli scorsi mesi. Il sovrintendente Lissner ha ufficializzato il suo passaggio all’Opéra di Parigi, ma rimarrà in carica fino al prossimo autunno. I sindacati chiedono di anticipare la transizione, ma sollevano già dubbi sul successore. L’austriaco Alexander Pereira è un cacciatore di sponsor e la sua mentalità imprenditoriale non è ben vista in uno dei teatri più importanti e aristocratici al mondo, un’istituzione culturale che dà lavoro a quasi 1000 persone.
Più che di una eco corporativa questa volta la protesta della danza risente dei fischi di Sant’Ambrogio. La Traviata portata in scena il 7 dicembre, in onore del bicentenario di Giuseppe Verdi, è stata unanimemente criticata, sia dagli esperti che dal pubblico che ha sonoramente fischiato il regista Dmitri Tcherniakov. Un campanello d’allarme per i ballerini che temono di rendersi protagonisti di un altro flop.