Il funzionario è stato assolto “perché il fatto non sussiste” dalle accuse contestate. La sentenza è stata emessa dalla VII sezione del Tribunale di Napoli presieduta da Rosa Romano
L’ex capo della squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani, è stato assolto “perché il fatto non sussiste” dalle accuse contestate. La sentenza è stata emessa dalla VII sezione del Tribunale di Napoli presieduta da Rosa Romano.
Quando fu chiesto il rinvio a giudizio Pisani era stato accusato di rivelazione di segreto d’ufficio, favoreggiamento, abuso d’ufficio e falso perché, sosteneva la Procura, avrebbe avvisato l’amico Marco Iorio, titolare del ristorante ‘Regina Margherita’ di via Partenope, dell’esistenza di indagini a suo carico. Pisani inoltre avrebbe suggerito a Iorio di far sparire i soldi in Svizzera e di modificare gli assetti societari per eludere i controlli.
Secondo le indagini, che a fine giugno culminarono nell’arresto di Marco Iorio e nel provvedimento di divieto di dimora a Napoli di Pisani, i Potenza e l’ex capoclan Salvatore Lo Russo avrebbero investito centinaia di migliaia di euro in una serie di ristoranti, bar e pizzerie in varie città italiane. Somme riciclate principalmente a Napoli e nei locali di Marco Iorio, nei quali figuravano come soci – non indagati, estranei alle vicende di rilevanza penale e del tutto inconsapevoli della provenienza illecita dei capitali altrui – anche noti calciatori e politici, tra i quali l’ex capitano della Nazionale campione del mondo, Fabio Cannavaro, e l’ex vice ministro azzurro di un vecchio governo di Silvio Berlusconi, Antonio Martusciello, commissario dell’Agcom.
Pisani non ha voluto commentare la sentenza.”Era un processo che per noi, almeno per quanto riguarda la posizione di Pisani, poteva anche non essere celebrato – ha dichiarato l’avvocato Rino Nugnes che con il collega Vanni Cerino assiste il dirigente di polizia – Pisani doveva essere prosciolto all’esito delle indagini. In ogni caso è un momento di grande soddisfazione”.
Pisani ha potuto contare sempre sul sostegno dei poliziotti. Quando fu arrestato il bosso Michele Zagaria gli agenti davanti alle porte della Questura gridarono il nome del funzionario, che poteva contare anche sulla fiducia dell’ex capo della Polizia Antonio Manganelli.
I pm Enrica Parascandolo e Sergio Amato avevano chiesto per il poliziotto 4 anni di reclusione. L’inchiesta della Dda di Napoli riguardava il presunto riciclaggio di soldi della camorra in alcuni ristoranti del lungomare di Napoli. Per la settima sezione penale del Tribunale non ha commesso il reato di rivelazione di segreto d’ufficio, mentre per gli altri reati dei quali era accusato l’ex capo della Squadra mobile di Napoli il fatto non sussiste.