Perquisizioni dei carabinieri anche nel Sud Italia. L'accusa è di estorsione aggravata dal metodo mafioso. L'indagine fa riferimento al fenomeno “dell’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico-imprenditoriale locale” nella regione del Nord
Esponenti ritenuti vicini al clan Mancuso accusati di estorsione aggravata dal metodo mafioso. I carabinieri hanno eseguito arresti e perquisizioni in Lombardia e nel Sud Italia a seguito di una serie di ordinanze di custodia cautelare emesse su richiesta della Dda di Milano. Otto le persone a finire in manette, con l’accusa di estorsione aggravata dal metodo mafioso.
L’indagine, denominata “Grilloparlante 2”, secondo quanto si è appreso, fa specifico riferimento al fenomeno “dell’infiltrazione mafiosa nel tessuto economico-imprenditoriale locale” della Lombardia, argomento al centro mercoledì, a Milano, della Commissione Antimafia. Nasce dall’attività investigativa conclusa nell’ottobre del 2012, quando furono arrestati 23 soggetti ritenuti appartenenti o collegati alla criminalità organizzata di origine calabrese operante in Lombardia vicini alla cosca Mancuso, attiva stabilmente in Milano e provincia.
Nell’ambito dell’operazione, spicca la figura di un pluripregiudicato 60enne, originario di Vibo Valentia, vero e proprio prestanome della cosca Mancuso, che tramite intestazioni fittizie gestiva immobili e terreni riconducibili alle attività illecite dell’organizzazione mafiosa. Per lui il gip ha disposto la sorveglianza speciale e sono stati sequestrati, ai fini della confisca, su disposizione del Tribunale di Milano, tre villette, due capannoni industriali, dieci appartamenti e tredici terreni agricoli nei comuni di Cuggiono, Boffalora Ticino, Renate Ticino, Castano Primo e Robecchetto con Induno. Il valore complessivo dei beni in sequestro supera i tre milioni di euro.