Mondo

Russia, sì all’amnistia. Presto liberi attivisti Greenpeace e Pussy Riot

Il provvedimento è stato approvato all'unanimità dalla Duma. Tra i reati interessati, anche quello di teppismo, di cui sono accusati i manifestanti ambientalisti e la rock band. Il testo dovrebbe essere attuato entro sei mesi

Presto liberi gli attivisti di Greenpeace detenuti in Russia e la band delle Pussy Riot. Beneficeranno anche loro, infatti, del progetto di amnistia presentato dal presidente russo Vladirmir Putin e approvato in via definitiva dal parlamento di Mosca: la normativa “ripulisce” l’immagine della Russia a livello internazionale a soli due mesi dalle Olimpiadi invernali di Sochi.

Il provvedimento è stato votato in terza e ultima lettura da 446 deputati all’unanimità. Il testo finale prevede l’amnistia per i condannati a reati che prevedono meno di 5 anni di reclusione e per gli imputati di reati minori in attesa di giudizio, incluso quello di “teppismo“, e le madri di figli minori. Inoltre la sanatoria favorisce categorie come gli anziani oltre i 60 anni, disabili, donne incinta, poliziotti e militari. Secondo gli esperti, l’amnistia riguarderà circa 25mila persone, tra già condannati e in attesa di giudizio. Potrebbe entrare in vigore già domani, con la pubblicazione del testo ufficiale, e sarà poi attuata entro sei mesi. Quasi cinquanta gli emendamenti presentati e votati. E’ stata respinta, tuttavia, la modifica che avrebbe permesso di liberare anche i militanti dell’opposizione accusati di disordini di massa nella manifestazione del 6 maggio 2012 in piazza Bolotnaya a Mosca contro Vladimir Putin: potranno beneficiare dell’amnistia solo le persone accusate di avervi partecipato, non quelle incriminate per avere organizzato i disordini e usato violenza contro le forze di polizia.

In particolare, tra gli amnistiati rientrerà anche l’italiano Cristian D’Alessandro, che fa parte dei trenta attivisti di Greenpeace arrestati a settembre. Negli ultimi tempi, si erano già registrate alcune aperture delle autorità russe nei confronti dei manifestanti ambientalisti. In un primo momento, l’accusa che pendeva su di loro era passata da pirateria a quella meno grave di teppismo, lo stesso reato di cui sono incriminate le Pussy Riot. In seguito, il tribunale di San Pietroburgo aveva disposto la liberazione su cauzione degli attivisti. Ora, Putin sembra avere messo la parola fine a due vicende giudiziarie che avevano imbarazzato la Russia agli occhi della comunità internazionale.