Pena di 6 anni a Fabrizio Cinquini, arrestato nel luglio scorso a Pietrasanta (Lucca) dove i carabinieri avevano trovato le piante. Si era autodenunciato e aveva organizzato convegni sull'argomento. Il pm: "In questa sede dobbiamo applicare la legge"
Condannato a 6 anni e al pagamento di 30mila euro di multa più le spese processuali e interdizione perpetua dai pubblici uffici: è questa la pena decisa dal giudice di Lucca Valeria Marino per il medico specializzato in chirurgia vascolare Fabrizio Cinquini, 50 anni, ritenuto colpevole di coltivazione di cannabis. Cinquini era stato arrestato lo scorso luglio nella casa di Pietrasanta (Lucca), dove i carabinieri avevano trovato le piante. Il dottore ha spiegato di usarle per ricerche terapeutiche e per curarsi da quando ne aveva tratto beneficio nella cura dell’epatite C, contratta sul lavoro nel 1997, quando operò in emergenza a bordo dell’ambulanza un paziente col virus. “La sento come una sconfitta sociale, non solo personale” commenta il medico chirurgo al fattoquotidiano.it. E la moglie, Lucia Pescaglini, aggiunge: “Mi dispiace perché è un’ignoranza che fa male a tutti, non fa male solo a Fabrizio. Ci rimettono tutti”.
Cinquini la vede come disobbedienza civile: sa di infrangere una legge a suo parere non giusta. In passato si era persino autodenunciato alle forze dell’ordine e aveva organizzato convegni nazionali sull’argomento, con l’associazione Cannabis Tipo Forte da lui fondata. E, a colloquio con Maria Martone, direttrice del carcere di Massa dove è stato rinchiuso per mesi in attesa di giudizio, ha chiesto il permesso di coltivare cannabis nell’orto del penitenziario, per riprendere le ricerche interrotte. Permesso non accordato, ovviamente.
“C’è questo accanimento da parte del Cinquini nel continuare una condotta che è stata già qualificata come illecita dall’ordinamento italiano” ha sostenuto in aula il pubblico ministero Elena Leone, titolare del fascicolo fin dall’inizio. Per lei la marijuana potrebbe anche essere utile ai malati di epatite C, ma quella in possesso di Cinquini era troppa, a suo dire, per l’uso personale. “Ci sono dei ministeri – ha affermato il pm – che si occupano di tutto ciò, ci sono delle equipe mediche che possono in futuro considerare un utile utilizzo della marijuana, ma noi in questa sede dobbiamo applicare la legge”. Le proprietà terapeutiche della cannabis sono già state riconosciute dalla legge italiana, ma curarsi con la pianta, nella pratica, resta molto difficile a causa di uno scoraggiante iter burocratico e di una scarsa informazione a riguardo.
Il pubblico ministero ha chiesto 7 anni, il giudice ne ha decisi 6 e, nonostante l’opposizione del pm, ha accordato una “misura cautelare meno afflittiva” rispetto ai domiciliari, cioè l’obbligo di dimora, come aveva chiesto la difesa. Il dottore potrà quindi spostarsi liberamente all’interno del comune di Forte dei Marmi, dove da una settimana scontava gli arresti domiciliari, dopo essere passato nel giro di 5 mesi dal carcere di Lucca, dall’ospedale psichiatrico di Montelupo Fiorentino e infine dal penitenziario di Massa. Cinquini perde anche i diritti politici: per lui un’interdizione perpetua dai pubblici uffici.