a nome di tutti i disoccupati d’Italia e, sopratutto, del Sud (che Gian Antonio Stella ha bollato come la lente d’ingrandimento dei problemi del Paese).
Tu che vivi in un mondo fiabesco mentre la vita li continua a prendere a cazzotti in faccia. Mi scrive una di loro, veramente incazzata, doppia laurea in Scienze della Comunicazione all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli (lo so, lo so, non c’è facoltà che abbia prodotto più disoccupati! Meglio di questi tempi mettersi a fare l’ idraulico).
Comunque gli studenti appena laureati si trovano subito a fare i conti con un mondo del lavoro che non vuole tutelarli o guidarli in una crescita professionale, ma semplicemente sfruttarli. L’ultima presa per i fondelli è stata la norma aggiornata e approvata lo scorso luglio, che prevede un rimborso spese in media di 400 euro per gli stagisti, che avrebbe dovuto arginare il problema dello “stage infinito non retribuito”. Ed invece è sorto un altro problema, ora che per i neolaureati è prevista una minima retribuzione sono molte le aziende, agenzie di comunicazione e altri enti che non vogliono prendere stagisti laureati, perché dicono di non poterne sostenere i costi. “Perché prendere un giovane laureato e pagarlo quando posso avere un laureando gratis?” Altro problema per gli aspiranti stagisti è il criterio di selezione con il quale dovrebbero essere scelti. Il paradosso è che anche per sostenere uno stage bisogna avere esperienza. Sì, proprio quella esperienza che si presume di farsi con lo stage stesso! Lo stage, quindi, sembrerebbe un circolo vizioso dal quale è difficile uscire: è necessario per apprendere i principali strumenti di un ipotetico lavoro, ma non ci sono molte aziende disposte a pagarti e qualora ci fossero pretendono che tu abbia anche esperienza pregressa nel campo.
E allora perché non cercare direttamente un lavoro? In un periodo di crisi nera dove la disoccupazione giovanile è ai massimi storici, se per uno stage è richiesta esperienza, per un lavoro devi esserti almeno candidato a Presidente della Repubblica.