A BlackRock riesce difficile passare inosservato. Con 4mila miliardi di dollari in gestione – una montagna di soldi grande due volte il debito pubblico italiano -, il più grande fondo d’investimento al mondo è anche uno dei maggiori azionisti stranieri di Piazza Affari. Che però si mimetizza avvalendosi dell’esenzione, prevista dal regolamento emittenti, che permette di non dichiarare le quote inferiori al 5 per cento. Uno stratagemma che gli consente di scorrazzare dentro Piazza Affari tenendosi lontano dai riflettori. Cosa che però gli riesce difficile, considerata la stazza. Anche solo per la dimensione degli investimenti italiani che ammonta complessivamente a 10 miliardi di euro. La dimensione del fondo statunitense, guidato in Italia da Andrea Viganò, ex Merrill Lynch Investment Managers, è del resto una questione che occupa e preoccupa persino la politica a livello planetario.
Al punto che l’Economist, per esempio, gli ha dedicato la copertina della prima settimana di dicembre. Secondo il settimanale della City è “colpevole” di aver creato una sorta di “pensiero unico” sui mercati: molti dei suoi concorrenti, ma anche banche, fondi pensione e assicurazioni, utilizzano infatti una sua piattaforma (chiamata Aladdin, Aladino, un nome un programma) che tiene sott’occhio 15mila miliardi di dollari, cioè il 7% degli asset globali, calcolando l’impatto di vicende monetarie e politiche sulla sicurezza degli investimenti. Il rischio, ovvio, è che gli investitori utilizzando un unico modello targato BlackRock, smettano di pensare criticamente a quello che stanno comprando. E si muovano quindi tutti allo stesso modo condizionando pesantemente i mercati finanziari con un impatto indiretto anche sulla politica dei singoli Stati.
Nel 2013, invece, gli italiani si sono accorti della sua presenza almeno tre volte. L’ultima, a dicembre all’interno della contorta vicenda di Telecom Italia, di cui è diventato il secondo azionista. È stata la Consob stessa a sollevare un polverone. Il colosso dei fondi il 10 dicembre aveva comunicato ai colleghi dell’autority americana (la Sec) che sarebbe salita oltre il 10% di Telecom Italia, senza dire niente però ai diretti interessati, tanto meno al Regolatore italiano, che al 12 dicembre non registrava alcun cambiamento dallo scorso ottobre nell’assetto societario, quando BlackRock si era portato oltre il 5% di Telecom attraverso 19 fondi. E invece dopo pochi giorni si viene sapere addirittura che la cifra comunicata alla Sec era sbagliata: il colosso ha ammesso di aver sbagliato i conti, come titolava a otto colonne il Messaggero di Roma, perché in realtà avrebbe in mano il 9,97%, compreso la quota del prestito convertendo da 1,3 miliardi che alla scadenza verrà convertito in azioni. Una svista che però avrebbe contribuito ad alimentare lunedì in apertura delle borse “un caso speculativamente attraente”.
Del resto non sarebbe la prima volta che gli osservatori dubitano del comportamento poco trasparente del fondo americano. Nel dicembre 2011 prima dichiarò di essere sceso dal 4,024% all’1,71% in Unicredit, proprio mentre era in corso l’aumento di capitale, e poi confermò la propria quota. Lo scorso gennaio, invece, si liberò del 2,3% di Saipem il giorno prima dell’allarme utili lanciato dalla società che ha mandato a picco il titolo alla seduta successiva.
In quanto a ingordigia, poi, basti pensare che durante l’Ipo di Moncler il colosso dei fondi voleva addirittura il 20% (5 milioni di azioni) della società guidata da Remo Ruffini, come riporta ancora una volta il Messaggero. Alla fine s’è poi dovuto accontentare di mettere in portafoglio soltanto l’1,6%, anche perché all’abbuffata c’era gente che conta: i grandi fondi sovrani degli sceicchi, dei nababbi e dei cinesi.
Ma dove arrivano i tentacoli del fondo americano? Stando ai dati più recenti della Consob, si sa che ad oggi ha una quota superiore al 5% in Atlantia (autostrade) e in Azimut Holding, una società italiana che a sua volta gestisce e distribuisce fondi comuni d’investimento grazie a una rete di circa 1.500 promotori finanziari. Lo scorso maggio, poi, BlackRock è salita al 5,010% di Prysmian, mentre a marzo era sceso al 4,951% di Ubi Banca.
Per fotografare la presenza del fondo a Piazza Affari, però, bisogna spostare le lancette dell’orologio ancora più indietro, al 2011 quando, stando alle comunicazioni Consob sulle partecipazioni, il colosso dei fondi aveva quote comprese tra il 2 e il 5% nelle più conosciute blue chip quotate: Ubi, Unicredit, Terna, Telecom, Prysmian, Saipem, Pirelli, Mediaset, Intesa Sanpaolo, Finemccanica, Eni, Enel, Banco Popolare, Autogrill e Generali. Le percentuali dalla fine di novembre di quell’anno non sono più disponibili: da allora BlackRock si è avvalsa dell’esenzione per i fondi, che rende trasparenti le quote sopra le soglie di comunicazione fissate dalla Consob. Se non cambierà il regolamento, gli altri elefanti come lui potranno continuare a girovagare a Piazza Affari senza venire disturbati. Tranne quando inciampano.