“Indignati con prudenza” titola il più importante quotidiano sportivo italiano all’indomani dell’iscrizione sul registro degli indagati del nome di Gennaro ‘Ringhio’ Gattuso nelle carte del processo di Cremona sul calcioscommesse. Ancora più prudenti sul nome di Gattuso sono due persone al di sopra di ogni sospetto: l’attuale presidente della Figc Giancarlo Abete, uno che, attaccato alle sue varie poltrone, ha navigato indenne nei mari tempestosi di tutti gli scandali del calcio italiano degli ultimi vent’anni, e il suo predecessore Franco Carraro, il banchiere che mezzo secolo di truffe sportive, calcistiche e non, se le è viste scivolare sotto i piedi senza accorgersi di nulla mentre continuava le sue scalate a qualsiasi vetta del potere.
Lasciando perdere quisquilie e pinzillacchere come il fatto che il nome di un presunto fratello di Gattuso sia stato fatto due anni fa in Finlandia da Wilson Raj Perumal, braccio destro del capo della Singapore Connection Tan Seet Eng arrestato per un giro milionario sulle serie minori del calcio finlandese (!?) e divenuto il grande pentito del calcioscommesse globale. E non volendo soffermarsi sulla curiosità che nessuno sembrava voler indagare perché Gattuso aveva una sorella e non un fratello, come quando nell’affaire Moro lo spirito nominò Gradoli e tutti si diressero al lago e non alla ben più interessante via di Roma, il problema è la schizofrenia della stampa sportiva.
Mentre il samurai Gattuso annuncia il seppuku su pubblica piazza nel caso sia trovato colpevole, ai quotidiani sportivi o generalisti che siano non basta prostrarsi all’oracolo di Lucky Luciano Moggi per avere garanzie dai suoi virgolettati che Ringhio sia estraneo ai fatti. E allora mettono in campo schiere di editorialisti pronti a seguire Mishima Gattuso, magari usando il tantō (il pugnale giapponese atto al rito) per tagliarsi un solo dito piuttosto che squarciarsi il ventre, che si sa che il pubblico dalle altre nove loro dita chiede di vergare ancora innumerevoli editoriali di pregevole fattura come quelli che hanno accompagnato il declino del pallone contemporaneo. Non solo l’omonimo giornale di famiglia, indossato l’elmetto del garantismo a giorni alterni scende in campo per difendere il proprio dipendente.
Quasi tutti i quotidiani che in prima pagina stampano a più colonne la foto del reo Gattuso – che oramai in Italia la garanzia dell’avviso non è per l’imputato ma per le rotative, un permesso di pubblica condanna indifferente ai tre gradi di giudizio sanciti dalla Costituzione – poi all’interno si sperticano nella difesa a spada tratta del mediano tutto cuore e grinta. Un bipolarismo patologico che mentre le carceri sovraffollate urlano quotidianamente di suicidi e repressione dichiara colpevole in prima pagina chiunque dalle indagini di una procura sia garantito, salvo poi regalargli e relegargli l’innocenza a pagina due a seconda dell’importanza o del tifo, politico o calcistico che sia. Quando l’unico innocente è mio cugino, detenuto per un reato minore insieme ad altri 67mila esseri umani in fatiscenti strutture di non-recupero che al massimo ne possono ospitare la metà.
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