Ci sono errori, cadute di stile, valutazioni errate. Nella vita si possono commettere svariati errori. Tutti ne commettiamo, dirlo è assolutamente banale. Quello incorso ad Antonio Ingroia alcuni giorni fa ha però del clamoroso.
Va detto che ad Ingroia mi lega un rapporto di assoluta stima e di profondissimo rispetto per la sua attività e anche una sincera amicizia. Proprio per questi sentimenti di stima e amicizia mi corre l’obbligo della sincerità.
I fatti in primo luogo. Alcuni giorni fa Ingroia è a Catania in veste di commissario, nominato dal Governatore Crocetta, di “Sicilia e Servizi” una società partecipata dalla Regione. Ebbene a Catania vi è un rito, quello della genuflessione, del bacio della pantofola, verso Mario Ciancio Sanfilippo, il padrone della città. Tutti i politici, ma anche i vertici istituzionali (ultimo in ordine di tempo il nuovo comandante provinciale dei carabinieri) si recano in pellegrinaggio nello studio di Ciancio; qui vengono intervistati dallo scrivano di turno, bevono un caffè con Ciancio, si parla del più e del meno e quindi entra il fotografo che scatta la foto che il giorno dopo viene regolarmente pubblicata su La Sicilia accanto l’intervista al personaggio che si è recato deferentemente in visita.
È un atto di ossequio, un gesto di rispetto. Un gesto simbolico che riconosce al Ciancio il suo ruolo di principe della città, un dirgli: io sono compatibile, sono disponibile a sedermi ad un tavolo con te, vengo io da te, nella tua sede e con questo gesto ti riconosco pubblicamente potere.
Le interviste non c’entrano, si possono ovviamente realizzare in altra sede, persino al telefono, ma il caffè bevuto seduti allo stesso tavolo significa altro.
Nessuno fino ad ora vi si è sottratto a questo rito dai connotati arcaicamente mafiosi. Il presidente Crocetta si scapicollò addirittura da Ciancio il mattino dopo la sua elezione, regalandoci l’immancabile foto ricordo. Oggi vediamo la stessa scena, seppur da altra angolazione, con al posto di Crocetta, Antonio Ingroia.
Ma in questo caso la situazione è addirittura peggiore. Ingroia – al contrario di Crocetta sulla cui coerenza nessuno scommetterebbe un centesimo – rappresenta per una larga fetta del popolo italiano, e siciliano in particolare, un simbolo indiscutibile della lotta alla mafia. Ingroia nella testa di migliaia e migliaia di ragazze e ragazzi è come Falcone, come Borsellino.
Mario Ciancio Sanfilipo non è solo un editore monopolista che ha distrutto la libertà di stampa in Sicilia, un imprenditore privo di scrupoli che ha fatto i suoi interessi sulla pelle di una città. Mario Ciancio Sanfilippo è soprattutto, e questo Ingroia doveva tenerlo bene a mente, un personaggio a cui è intestato un voluminoso fascicolo di indagine per concorso esterno in associazione mafiosa, un’ indagine per il quale il Gip ha respinto l’archiviazione ordinando un supplemento di indagini. La visita di Ingroia a Ciancio arriva proprio mentre la Procura della Repubblica, in particolare il procuratore Giovanni Salvi, dovrà decidere cosa fare dell’indagine per mafia che riguarda Ciancio. Una coincidenza temporale che appare stonata e assume pesanti connotazioni, al di là, ne sono certo, della volontà di Ingroia.
Di sicuro gli uomini di cui si fida Ingroia a Catania hanno da sempre un buon feeling con Ciancio e hanno goduto di ampio spazio sui suoi fogli. Forse sarebbe bene che Antonio Ingroia cambiasse consiglieri se vuole in futuro evitare situazioni che non fanno danno solo a lui, ma lo fanno soprattutto alla credibilità dell’antimafia.