Papa Francesco continua a lanciare messaggi inequivocabili sulla Chiesa che immagina intorno a sé. Il 17 dicembre, giorno del suo compleanno, ha invitato alla messa mattutina a Santa Marta e poi alla colazione che ne è seguita, tre clochard, uno dei quali accompagnato dal cane che condivide la sua esistenza randagia nel quartiere vicino a piazza San Pietro. Alla celebrazione della messa il Papa ha voluto partecipasse anche il personale della Domus Santa Marta per ricreare un clima quanto più possibile familiare. Bergoglio continua a vivere nella Domus mentre l’enorme appartamento papale nel Palazzo Apostolico rimane vuoto, a parte i fugaci passaggi dell’Angelus domenicale. A poca distanza dalla sua dimora, dentro le Mura Leonine, alti prelati e potenti laici della gerarchia vaticana, invece di seguire il suo buon esempio continuano però a comportarsi come prima, peggio di prima.
Per misurare la distanza tra la predica del pastore fuori le mura e gli atti delle pecore nel recinto vaticano bisogna fare una passeggiata a Porta Sant’Anna. Gli operai del gruppo Alfano, una società di Busto Arsizio specializzata in ristrutturazioni di chiese e oratori, stanno ultimando i lavori di ampliamento della dimora del generale Domenico Giani. Il comandante della Gendarmeria Vaticana era dato in partenza verso un alto incarico all’Onu al quale era stato proposto dallo Stato italiano. Dopo che erano uscite le carte relative ai pedinamenti fatti nel territorio italiano dalla Gendarmeria sotto il suo comando, dopo lo scandalo destato dalle conversazioni telefoniche intercettate dalla procura di Roma nelle quali Giani scriveva su carta intestata agli organi italiani di polizia per aiutare Monsignor Nunzio Scarano a recuperare 400mila euro date all’agente dei servizi segreti Giovanni Zito, le sue quotazioni sembravano in ribasso. Era quindi difficile che rimanesse al suo posto di responsabile della sicurezza del Papa dopo che si era mostrato così incauto da mettersi a disposizione di un soggetto che, secondo i pm, aveva dato 400 mila euro a un agente dei servizi segreti italiani non per fare opere di bene ma per corromperlo al fine di far rientrare 20 milioni di euro dalla Svizzera. Persino il Papa aveva scaricato il contabile salernitano con una frase mai pronunciata da un Pontefice: “Se un monsignore è finito in carcere non è certo perché assomigliava alla Beata Imelda”, come forse pensava Giani quando beveva le sue frottole.
In Vaticano chi non vuol bene al generale dice che l’unica cosa che hanno in comune Giani e Bergoglio è l’appartenenza onoraria al Rotary. Eppure, invece di levare le tende, Giani ha raddoppiato. Quando era andato ad abitare in territorio italiano in una casetta sull’Aurelia, in molti avevano pensato a un suo progressivo allontanamento. Niente di tutto ciò. Giani ha lasciato il suo appartamento con affaccio su via di Porta Angelica perché è in corso una dispendiosa ristrutturazione. Da poco sono state tolte le transenne e sopra il terzo piano è comparso all’improvviso un piano nuovo con tre finestre e due ampie vetrate che illuminano una sala con vista. A completare il sopralzo ci sono due bagni nuovi di zecca con una vasca idromassaggio e una terrazza mozzafiato con affaccio sull’Italia e Borgo Pio.
Ai tempi di Papa Ratzinger il generale Giani era costretto a vivere in una casa media in uno dei pochi palazzi grigi con le persiane consunte della Città del Vaticano. Nell’era francescana ha visto estendere la sua dimora e riverniciare il tutto di arancio sgargiante con grondaie in rame e verande in legno esotico. Giani è noto per le sue scorribande investigative in territorio italiano ma quando si tratta di affari personali i confini tornano sacri: se il sopralzo fosse avvenuto due metri dopo, in territorio italiano, saremmo di fronte a un colossale abuso edilizio. Nonostante le transenne (a tutela dei pellegrini che rischiavano di essere colpiti dai calcinacci) si trovino in Italia, in via di Porta Angelica, però, per pochi metri, la casa del gendarme numero uno, (soprannominato Kappa Zero in Vaticano) è in uno Stato estero. Così Sovrintendenza e vigili urbani devono stare a guardare. Come direbbe in dialetto salernitano monsignor Scarano, ’o pesce puzza dalla capa. Uno dei maggiori sponsor di Giani, l’ex Segretario di Stato Tarcisio Bertone, non è stato da meno del suo protetto.
Gli uomini di Papa Francesco, pur di spedirlo lontano avevano proposto al presidente della Commissione di vigilanza sullo Ior un appartamento lussuoso a San Calisto. L’ex segretario di Stato invece ha preteso una casa nel cuore del Vaticano, nel palazzo San Carlo, di fronte alla celebre pompa di benzina con il rifornimento più economico d’Italia. Anche Bertone non si è accontentato dell’appartamento ordinario abitato in passato dal predecessore di Giani, Camillo Cibin. Da mesi sono in corso i lavori per inglobare l’appartamento vicino e trasformare la residenza in una reggia che si mormora arrivi a 400 metri quadrati.
da Il Fatto Quotidiano del 20 dicembre 2013