Padre Patrick Lawson: "Allontanato perché ho parlato degli abusi sessuali all'interno delle comunità". La replica: "No, non riusciva a sostenere il peso dell'incarico". In passato alcune sentenze hanno stabilito che il parroco è una sorta di dipendente
Un parroco come un impiegato comunale, un maestro o un operaio di una fabbrica. Per la prima volta nel Regno Unito – e fra le prime volte al mondo – un prete cattolico porta in tribunale la Chiesa di Roma per licenziamento ingiusto. Padre Patrick Lawson, scozzese, rimosso dalla parrocchia di Santa Sofia di Galston lo scorso settembre, ricorre così a un giudice per chiarire la sua posizione nei confronti della gerarchia ecclesiastica. Il prete sostiene di essere stato rimosso per aver parlato di abusi sessuali e psicologici all’interno della Chiesa cattolica. La quale, a sua volta, contrattacca, e sostiene che invece padre Lawson è stato allontanato in quanto, anche per il fatto di essere malato di tumore, non poteva più essere in carica e sopportare il peso del ministerio. Ma è attorno alla parola “licenziamento” che si gioca tutta la questione. Il direttore della comunicazione della Chiesa cattolica britannica, Peter Kearney, ha dichiarato: “Per ammettere un tale ricorso, dovrebbe essere in atto un rapporto fra datore di lavoro e impiegato. Ma un prete non viene assunto dalla diocesi, non è questo il caso, quindi non è possibile rivolgersi a un tribunale del lavoro”.
Ma la mossa del parroco scozzese rientra anche in un movimento, in atto già da tempo nel Regno Unito, finalizzato a rendere più trasparente e controllabile l’azione della Chiesa. Per quanto riguarda la Chiesa anglicana d’Inghilterra e quella di Scozia, protestanti, già dal 2005 alcune sentenze hanno stabilito che il pastore, in alcuni casi, è una sorta di dipendente della confessione e che quindi può citare in giudizio il proprio datore di lavoro. Per quanto riguarda il cattolicesimo, invece, è la prima volta che accade in terra britannica e la sentenza, prevista entro un anno, potrebbe aprire la strada a nuovi diritti dei tutori delle anime dei sudditi della regina. Questo è quanto ammesso anche dall’avvocato dello scozzese, Cameron Fyfe, che ha aggiunto: “Sta rompendo un muro e sta preparando un nuovo campo di battaglia, in quanto mai una corte britannica ha sentenziato su una tale questione”.
Lo scorso luglio, padre Lawson aveva rilasciato un’intervista all’Observer, la versione domenicale del Guardian, sostenendo di aver combattuto per ben 17 anni, senza successo, per far passare una punizione contro un altro prete colpevole di abusi sessuali. Una sanzione disciplinare gli era arrivata sulla testa subito dopo l’intervista, nella quale il prete diceva: “La Chiesa non è ancora in grado di maneggiare la verità. Tutto quello che sanno fare è proteggere l’istituzione”. Secondo la gerarchia cattolica, invece, il suo allontanamento dalla parrocchia è dovuto a 23 lettere di lamentele arrivate dai fedeli, dovute alla sua presunta incapacità di tenere messa per la malattia e soprattutto all’intervista rilasciata all’Observer. Ma la Chiesa di Roma non avrebbe invece tenuto conto delle oltre 200 lettere di supporto ricevute dai parrocchiani spaventati dal suo allontanamento. Padre Lawson ha anche rivelato di aver avviato, contemporaneamente, un processo canonico al tribunale ecclesiastico. “Ma ci vorranno anni per una decisione”. E ha concluso dicendo: “Sono disperato, per anni ho servito la Chiesa e ancora voglio servirla. E invece sono stato attaccato personalmente in questo modo”.