A leggere gli ultimi dati sull’occupazione pubblicati dall’Istituto di statistica di Madrid (Ine) agli spagnoli sarà venuta in mente la pubblicità natalizia di Campofrío, il colosso alimentare famoso per prosciutti e salumi, che in poche ore dal suo lancio è diventata virale: “Hazte extranjero” (diventa straniero). Sulla scia di una lunga serie di problemi sociali che la Spagna affronta ormai da anni, il gruppo, anch’esso in fondo metà messicano metà cinese, gioca sull’esodo di giovani e meno giovani in cerca di lavoro all’estero.
Gli ultimi numeri sull’occupazione sono infatti tutt’altro che rassicuranti. L’Ine ha deciso per la prima volta di pubblicare i risultati di un nuovo report sulla presenza effettiva di lavoro all’interno del Paese. A fronte dei 4,8 milioni di disoccupati registrati nel mese di novembre, ci sarebbero solo 72.790 posti di lavoro rimasti “vuoti”. E non tutti disponibili. Insomma un posto per circa 66 disoccupati. Laddove per “vuoto” o “offerta di lavoro” si intente il posto che è stato creato di recente o non è occupato o sta per liberarsi e per il quale l’azienda sta prendendo misure attive con l’obiettivo di trovare un candidato idoneo. Così, nel terzo trimeste, l’Istituto ne ha contati appunto 72.790. Di questi, l’84,9 per cento appartiene al settore dei servizi. Quasi un terzo si concentrano a Madrid (17.797), poi in Catalogna (15.583), Andalusia (10.111) e Comunità Valenciana (6.077).
Solo le prime due regioni coprono praticamente la metà del totale. Ma c’è di più. Nonostante si siano cercati lavoratori per occupare questi posti in futuro, il 93,8 per cento degli impeghi sono rimasti vuoti perché le aziende non possono, o non vogliono, assumere. O meglio alla domanda fatta dall’Istituto di statistica hanno risposto che non hanno bisogno di nessuno per coprire quel “vuoto” nel terzo trimestre. Un 4,1 per cento ha invece risposto che il lavoro è rimasto scoperto per gli alti costi di assunzione di un nuovo impiegato. Insomma queste offerte di lavoro “in parte sono il riflesso di una domanda insoddisfatta di mano d’opera e possibili disallineamenti tra la capacità e la disponibilità dei disoccupati e dei posti offerti dai datori di lavoro”, scrive l’Istituto di Madrid nel documento.
La maggior parte di queste offerte, 40.641, appartiene ad aziende con meno di 50 impiegati. Eppure sono rilevanti anche le cifre su medie (12.058) e grandi aziende (20.091). Subito dopo il settore dei servizi, le offerte sono nell’industria (8.427) e nelle costruzioni (2.555). Gli ambiti rimasti più scoperti invece non soprendono granché: amministrazione pubblica, difesa, educazione, sanità e servizi sociali. Insomma, proprio dove il governo di Mariano Rajoy alle prese col pareggio di bilancio statale, ha più volte imposto ingenti tagli di liquidità. Nel report l’Ine fa poi un focus anche sui costi salariali: gli stipendi degli spagnoli sono in calo da quattro trimestri consecutivi, cosa che non avveniva dal 1996.
Tra luglio e settembre i costi salariali sono diminuiti dello 0,2 per cento rispetto allo stesso periodo del 2012. Dal punto di vista macroeconomico, secondo l’Istituto iberico, il blocco dei salari e la svalutazione interna hanno permesso un miglioramento della competitività della Spagna e delle sue imprese. Per le famiglie, invece, ha peggiorato il reddito già indebolito e sofferente per colpa dell’aumento della disoccupazione e dei tagli agli ammortizzatori sociali.