La lotta contro gli sprechi è un tema così sentito che pure le lobby hanno pensato bene di farne una bandiera. Per perseguire altri fini, ovvio. Prova ne è il ritiro deciso ieri dell’emendamento alla legge di Stabilità con cui il governo Letta intendeva riportare a cinque i membri della Consob, dopo che il decreto Salva-Italia di Monti aveva tagliato a tre i componenti delle autorità di vigilanza indipendenti. Il risultato è stato che la commissione che vigila sulla Borsa si è progressivamente ridotta a una specie di organo monocratico in balia degli umori del suo presidente, Giuseppe Vegas, l’uomo che sussurrava consigli a Mediobanca e Unipol sulla vicenda FonSai, già esponente di Forza Italia e Pdl e viceministro nell’ultimo governo Berlusconi.

Per una volta un aumento delle poltrone sarebbe stato il primo passo per ridare credibilità a un’istituzione, ripristinando il corretto funzionamento di un organismo fondamentale per tutelare il risparmio, riducendo il rischio di decisioni dannose o influenzate dalle lobby. Semmai, ci sarebbe stato da alzare le antenne sui criteri e sulle scelte concrete di nomina dei commissari, per evitare che a guardia del pollaio venisse messa qualche volpe o il cavallo di troia di una delle tante lobby che gironzolano attorno alla Consob e si incontrano nei bar della Capitale con i suoi funzionari. Si è scatenata una canea su un (presunto) tradimento della spending review orchestrata dai vecchi compagni di partito e alleati di Vegas, tutta gente notoriamente impegnata a ridurre la spesa pubblica come Maurizio Gasparri, Renato Brunetta, Mara Carfagna, Guido Crosetto, Roberto Calderoli.

Stiamo parlando di maggiori costi per 600 mila euro (300 mila a commissario) su una spesa totale di circa 121 milioni finanziata con i contributi a carico di società quotate, banche, broker e degli altri operatori vigilati (99 milioni nel 2013, in calo di 6,7 milioni sull’esercizio precedente). Nel 2013 il trasferimento a carico dello Stato è stato nullo (340 mila euro l’anno prima). Così mentre la Carfagna, per conto di Forza Italia, si scagliava contro “i furbetti dell’emendamentino” e Brunetta tuonava contro presunte “porcate”, l’ampia cordata degli amici di Vegas ha ottenuto l’effetto sperato: il ritiro dell’emendamento, annunciato dal viceministro dell’Economia Stefano Fassina. In una Consob a tre basta che uno dei commissari si astenga che il presidente deciderà da solo, valendo il suo voto il doppio. Il presidente-politico della Consob potrà continuare a fare il bello e il cattivo tempo su tutte le vicende di rilievo per trovare “soluzioni di sistema”, da Unipol-FonSai a Mps a Telecom. Le lobby possono dormire tranquille.

di Lorenzo Dilena

da il Fatto Quotidiano del 18 dicembre 2013 

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