La miglior difesa contro l’impeachment? Una lettera che Cossiga scrisse a Napolitano nel 2005. Il presidente della Repubblica la fa uscire dal suo archivio. E così il Picconatore, che nel 1991 era considerato dall’attuale inquilino del Quirinale “incompatibile” con la funzione di presidente della Repubblica, ora diventa testimone utile a ribadire una cosa. Che lui, Napolitano, l’impeachment di Cossiga chiesto dal suo Pds non lo voleva. E fa niente se, pur differenziandosi dalla linea del partito, Napolitano arrivò a chiedere le dimissioni del suo predecessore. Dopo aver letto il suo libro ‘Dal Pci al socialismo europeo’, Cossiga scrive a Napolitano il 2 novembre 2005: “Ho molto apprezzato il riferimento al dissenso dell’area riformista del Pci su episodi che hanno dolorosamente coinvolto la mia persona”. E a mano aggiunge: “Ma alcuni che dissentivano da te si sono ricreduti”.
La vicenda a cui l’ex capo dello Stato fa riferimento è la richiesta di messa in stato di accusa che il partito di Napolitano, l’ex Pci divenuto Pds, presentò in Parlamento alla fine del 1991. Questa la linea dettata dall’allora segretario Achille Occhetto contro un presidente della Repubblica che a una serie di esternazioni destabilizzanti per il sistema politico aveva aggiunto la difesa dell’organizzazione segreta anticomunista Gladio. Sull’impeachment però il partito non era tutto unito. E i miglioristi, la corrente guidata da Napolitano, dichiararono in modo esplicito di essere contrari. Di questo Cossiga dà atto all’attuale capo dello Stato, prima di augurargli nel post scriptum di venire eletto al Colle. La lettera, conservata finora nell’archivio di Napolitano, è stata fatta avere dagli uffici del Quirinale ad alcuni quotidiani, quali la Stampa, il Messaggero e il Corriere della Sera. La difesa di Napolitano contro l’impeachment passa dunque per una missiva dell’ex nemico Cossiga. Proprio nei giorni in cui alle minacce di metterlo in stato di accusa del Movimento 5 Stelle si sono aggiunte quelle di Forza Italia: “Se continua ad attaccare direttamente Berlusconi e a non svolgere il ruolo di arbitro, un pensiero sull’impeachment lo faremo”, ha detto settimana scorsa il deputato forzista Ignazio Abrignani.
Accuse contro Napolitano a cui si aggiunge una popolarità ai minimi: “La quota di italiani che esprime (molta-moltissima) fiducia nei suoi riguardi è sotto il 50%. Sicuramente elevata, ma 5 punti in meno rispetto a un anno fa”, scrive oggi Ilvo Diamanti su Repubblica, citando un sondaggio fatto da Ipsos per Ballarò. Napolitano dunque, l’impeachment di Cossiga, non lo voleva. Questo il particolare che il Quirinale ha voluto ribadire. Un particolare che, del resto, era già chiaro. “Napolitano in occasione della richiesta di impeachment contro l’allora presidente della Repubblica Cossiga, prudentemente, storceva il naso di fronte alla messa in stato d’accusa”, scriveva infatti Paolo Becchi, giurista di riferimento del M5S, nel post sul blog di Beppe Grillo in cui proponeva l’impeachment del capo dello Stato che “ha esercitato le sue prerogative al di là dei limiti previsti dalla Costituzione”. C’è poi un aspetto di quel lontano 1991 che dalla lettera di Cossiga non viene fuori. Come raccontato da Gianni Barbacetto sul Fatto Quotidiano del 15 ottobre scorso, Napolitano e i suoi si differenziarono sì dalla linea ufficiale del Pds, ma arrivarono a chiedere le dimissioni del Picconatore: è “inevitabile che Francesco Cossiga tragga le conseguenze dalla scelta da lui già compiuta di assumere un ruolo politico incompatibile con la funzione di presidente della Repubblica”, scrissero i miglioristi in un comunicato a novembre. E il 24 gennaio dell’anno successivo Napolitano dichiarò: “Tre sono le vie che possono essere percorse: quella dell’impeachment avanzata dal Pds è una; ma un’altra via è quella di sollecitare le dimissioni; la terza è infine quella che si astenga strettamente da interventi impropri”. In ogni caso, “siamo di fronte a una situazione di estrema gravità che si è ulteriormente deteriorata”. Dall’impeachment Cossiga si salvò. Ma le sue dimissioni arrivarono. Ad aprile, due mesi prima del termine del mandato.
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