C’è un prete con il lampeggiante. Non è la luce dello Spirito Santo ma il dispositivo di segnalazione in uso – come stabilisce il codice della strada – alle forze dell’ordine, protezione civile e guardia alpina. La vicenda incuriosisce e desta perplessità. Quel lampeggiante adorna il tettuccio dell’auto di un parroco molto impegnato sul fronte della legalità. Ma perché quel lampeggiante? Eppure il cardinale di Napoli Crescenzio Sepe è stato chiaro e netto – proprio in questi giorni – rispetto all’ipotesi dell’assegnazione di una scorta a Don Maurizio Pratriciello, il prete impegnato contro i veleni della terra dei fuochi. “Io alla scorta ho rinunciato. L’ho trovata quando sono arrivato a Napoli e ho rinunciato in pochi giorni. Non si va in una parrocchia accompagnati dalla polizia. La scorta non serve”.
Non si può – in questo caso – che essere d’accordo con l’Arcivescovo partenopeo. Qualcuno sbotta e rosica accusando alcuni parroci di essere vittime di un narcisismo strisciante, autocelebrativo che mira solo alla conquista di uno status symbol. La vulgata popolare si chiede : “Che ci “azzeccano” questi preti-personaggi con l’evangelizzare e con la missione di fede? Il sacerdote è un pastore non un Pm o un Masaniello”. Domande e dubbi legittimi ma ci sono casi in cui la protezione è decisa e disposta obbligatoriamente dal Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica.
Ad esempio nella stessa Curia di Napoli guidata da Sepe c’è don Luigi Merola, parroco anticlan da anni sotto tutela per le minacce subite dai clan. Più volte l’ex prete di Forcella ha manifestato al Prefetto di voler rinunciare alla scorta dei carabinieri ma la risposta del rappresentante del governo sul territorio è stata sempre negativa: “Lei è un simbolo e in quanto simbolo potrebbe essere colpito”. Il punto che emerge è chiaro: se c’è un serio pericolo per l’incolumità personale lo Stato ti protegge. Non esistono mezze misure ma diverse modalità di sorveglianza fino a giungere alla scorta armata h24.
Perciò davvero non si capisce a cosa servi il lampeggiante che da alcuni mesi sfoggia sul tettuccio della sua auto o veicolo in dotazione Don Tonino Palmese. Il salesiano, rappresentante dell’associazione Libera, vice presidente della Fondazione Polis (nomina rinnovata lo scorso 19 luglio dalla giunta Caldoro), presidente onorario di molte altre cose e più che altro vicario episcopale per carità e pastorale sociale della stessa Curia di Napoli viaggia a bordo di una fiammante Volkswagen Passat Tdi 2.0. Sul tettuccio in bello sfoggio c’è il lampeggiante lato guida.
L’interrogativo si pone: a cosa serve quel dispositivo di sicurezza? O meglio: l’incolumità di Don Tonino Palmese è a rischio? E allora che protezione garantisce solo un lampeggiante e un eventuale autista ? Il mistero si fa fitto. Qual è stato il criterio seguito e l’iter burocratico per autorizzare la presenza di quel lampeggiante? Un altro interrogativo: l’uso di quel dispositivo consente anche di circolare nelle corsie preferenziali, attraversare le Ztl, parcheggiare dove ai normali fedeli non è consentito?
Davvero non si comprende. Ecco basterebbe solo spiegare, chiarire, dirlo. Tra l’altro Don Palmese (lo potete ammirare nell’ultimo spot della Cei per l’8 per mille) è tra i nomi gettonati per la nomina a vescovo. Anche se non mancano polemiche, spaccature, i mal di pancia nella stessa Curia di Napoli e nella comunità religiosa partenopea. Mentre l’alto prelato si è recato da Papa Francesco accompagnato dall’immancabile presidente della Regione Campania Stefano Caldoro per donargli un presepe degli artigiani partenopei e invitarlo a Napoli risuona il suo monito: “I preti devono rifiutare la scorta perché non si va accompagnati in parrocchia dalla polizia”.
Ecco ma lo stesso discorso vale anche per chi ha il lampeggiante sul tettuccio?