Vi è piaciuto il Renzitriciclo? E adesso godetevelo mentre pedala.

Siamo ormai così mitridizzati da vent’anni di fanfaluche reazionarie che abbiamo smarrito perfino l’energia per reazioni minime. Sicché quando Renzi-nuovo-che-avanza collega l’occupabilità alla precarizzazione (la cervellotica equazione per cui i giovani non sarebbero assunti vigente l’ombrellino malandato dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori), non abbiamo neppure voglia di stare lì a ripetere quanto già si disse a Mario Monti e prima ancora a Silvio Berlusconi in coppia con l’allora presidente di Confindustria Antonio pazzariello D’Amato: mettere in alternativa diritto al lavoro e diritti del lavoro è quanto di più bieco si possa immaginare (nel lessico a tormentone del neo segretario PD, “fare”). Ma è anche una mossa al tempo furba e stupida. Furba perché manda un segnale alle categorie di cui si cerca il consenso: io sono dalla vostra parte. Dalla parte di questi ceti imprenditorial-manageriali cui si assicura la tutela dell’unico modo di fare impresa alla loro portata: la tecnica bastone/carota.

Stupida perché non inverte la caduta libera nel declino del nostro sistema d’impresa che non riesce da decenni a immettere sul mercato prodotti che suscitino interesse e relative richieste, limitandosi a ricicciare sempre la stessa gamma di beni (del resto copiabilissimi e stracopiati), limitata ai prodotti per la persona e per la casa.

Tanto che lo stesso attuale presidente di Confindustria Giorgio Squinzi a suo tempo aveva dichiarato che «la licenziabilità dei dipendenti è l’ultimo dei nostri problemi». Ma ora il leader della categoria e di Mapei annusa lo spirito dei tempi e si imbarca sullo stracolmo risciò renziano, dichiarando esattamente il contrario. Lo spirito dei tempi di perdurante clima reazionario, per cui il solito finanziere di fede renziana spiega dalla Gruber che il male oscuro italiano è rappresentato da quei nababbi di colletti blu ipergarantiti (con il loro migliaio di euro nella busta paga) che vampirizzano i non garantiti. L’ennesima variazione sul tema della mistificazione terroristica della guerra degli ultimi contro i penultimi. Così nessuno si accorge che i primi stanno espropriando il resto del Paese.

In passato ci avevano provato con la mascalzonata di mettere i padri (occupati) contro i figli (inoccupati); ma poi i diretti interessati si accorsero di essere entrambi nell’identica condizione di precarizzati. Ci mette del suo l’imprenditore all’orecchio di Renzi, l’Oscar Farinetti esperto di ricette gastronomiche che si cimenta in quelle economiche: «il lavoro garantito per chi non ha voglia di lavorare è un delitto». Insomma, come scriveva Norma Rangeri su il Manifesto, «secondo lui la tutela dal licenziamento illegittimo andrebbe abolita perché in realtà l’articolo 18 è solo un grande scudo dietro il quale si ammassa l’esercito dei fannulloni». Questo è il grande esperto del lavoro, su cui il quotidiano comunista adombra il sospetto di perquisizioni corporali ai dipendenti per verificare che non abbiano in tasca una fetta di prosciutto… Queste sono le idee, questo il nuovo: roba scaduta da almeno vent’anni, quando Tony Blair svendette gli operai inglesi e la Sinistra tutta ai circoli finanziari (traendone non pochi vantaggi, politici e non).

Ci sarebbe un’alternativa? Certo che si. Fermo restando che la tragedia sociale in atto richiede misure tampone per bloccare temporaneamente la catastrofe. Per poi partire – però – con azioni che rimuovano le ragioni intrinseche di tale catastrofe, non rimosse dalle manovre congiunturali: avviare – come nei Paesi dell’Occidente avanzato – politiche industriali che riqualifichino le nostre specializzazioni riposizionandole in settori a maggiore tasso di competitività e compatibili con i livelli remunerativi/occupazionali di una grande democrazia. Su due piani: un collegamento organico pianificato tra comunità della ricerca e comunità d’impresa per valorizzare antiche e nuove competenze (ad esempio dalla meccatronica cara a Sylos Labini alla robotica e all’infomobilità); un’accompagnamento all’imprenditorializzazione per settori attualmente afflitti da logiche di rendita parassitaria, in primis il turismo.

Altri lo hanno già fatto, dalla Finlandia alla Danimarca (per lasciar stare la solita Germania). Soltanto che ci vorrebbe una forte tensione innovativa reale, che i giovani conservatori alla Renzi e Letta non coltivano proprio, inseguendo l’apprezzamento dei ricchi e dell’establishment.

 

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