Nel momento dell’anno più buio in cui la natura si mostra nella sua veste più dura col rigido freddo e la mancanza di fiori e frutti un senso profondo di timore pervade ognuno di noi. I nostri antenati, fino a pochi secoli orsono, nella millenaria storia dell’umanità in questa fase dell’anno erano soggetti a malattie e carestie distruttive. Solo la speranza e la certezza psicologica della rinascita possono esorcizzare il senso simbolico della morte che ci circonda.

Nelle principali culture in questa fase dell’anno, per sconfiggere la rassegnazione, si sono costruiti dei rituali in cui il buio si illumina nella notte con luci e fuochi, il silenzio viene squarciato dai botti e la mancanza di frutti viene esorcizzata con tavole piene di ogni ben di Dio. Il nuovo anno, Gesù Bambino, ci offrono il senso della rinascita che la natura certo ci donerà. Il bisogno incontrollabile di oggetti che scongiurino il senso immanente della carestia ci spinge a comprare.

Sentirsi vicini agli altri esseri umani in questo momento è una necessità psicologica molto profonda. Anche coloro che normalmente viviamo con distanza emotiva o, addirittura, avversiamo fanno pur parte dell’umanità.

Come cerchi concentrici gli affetti familiari, delle amicizie, dei conoscenti, delle persone appartenenti alla stessa nazione o comunità ci possono offrire un senso di appartenenza prezioso. Per questo motivo non è futile o obsoleto augurare Buon Natale e Buon Anno.

Auguro ai lettori che pazientemente mi hanno letto in quest’anno, con tutto il cuore, Buone Feste.

 

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