Avere un brutto carattere talvolta serve. Ne è la prova vivente Renato Brunetta, che deve proprio ringraziare il suo carattere collerico e molto vendicativo (come dicono in parecchi nell’ex Pdl) se il suo posto da capogruppo alla Camera sopravviverà alla “tempesta perfetta” che si abbatterà su Forza Italia appena consumata l’ultima festività natalizia. Il Cavaliere non vuole perdere tempo. Convinto ancora che Matteo Renzi stia giocando nelle file della squadra (numerosa) che vuole andare alle urne il 25 maggio, in un mega election day con le Europee, punta al pieno rinnovamento del quadro dirigente del partito in tempi brevissimi. La parola d’ordine è “facce nuove, che piacciono alla gente”. Addio alle vecchie cariatidi, troppo legate al passato (perdente) che è stato del Pdl.

A parte Brunetta. Già. Perché nelle ore immediatamente successive alla bocciatura, da parte di Napolitano, del decreto “salva Roma”, ad Arcore veniva firmato un altro “decreto reale“, ribattezzato dai maligni il “salva Brunetta”, dopo che il capogruppo alla Camera aveva minacciato fuoco, fiamme, fulmini e saette in caso di sostituzione della sua augusta figura con una più giovane per la guida dei deputati. Berlusconi aveva pensato a Stefania Prestigiacomo, una donna, bella, di esperienza parlamentare e di governo, volto non nuovo ma senza dubbio più piacevole da guardare di quello di Brunetta. E per il Cavaliere si sa, l’immagine è tutto. Ma non era solo per questo. Berlusconi ha speso gran parte dei giorni di vigilia delle feste a cercare di sedare una rivolta dei deputati contro la gestione del gruppo da parte di Brunetta che stava per sfociare in una raccolta di firme per farlo dimettere che avrebbe senza dubbio fatto danni e spaccato il gruppo. A capitanare la rivolta Mara Carfagna, che dei metodi brunettiani ne ha da tempo piene le tasche e che ha più volte riportato lamentazioni pesanti alle orecchie del Cavaliere che, tuttavia, le ha sempre risposto: “Che volete che faccia? Se non lo volete più, sfiduciatelo”.

Ma un conto è dire e l’altro è il fare. Perché un’altra che preme per prendere il posto del professore di Venezia è Mariastella Gelmini, oggi sua vice, alla quale – tuttavia – non dispiacerebbe il ruolo di coordinatrice in Lombardia. Se non addirittura quello di terza tra i nuovi coordinatori del partito. Ormai, d’altra parte, siamo veramente alle strette con le nomine. In ogni caso, Berlusconi sa che non potrà fare tabula rasa di tutti i fedelissimi, falchi compresi. Denis Verdini, per dire, manterrà di fatto — se non di carica—la gestione della macchina del partito. Perché è vero che l’ex presidente del Consiglio sa che i volti “nuovi, della società civile” che potrebbero entrare in Forza Italia sono “spaventati” dagli estremismi e vanno “rassicurati”. Ma sa anche che al partito serve tutto, e bisognerà trovare “la giusta quadra”. E Verdini è colui a cui sono stati demandati, nel tempo, fin troppi affari “sporchi” per potergli dare un semplice benservito con relativo ringraziamento di facciata.

Eppure bisogna anche svecchiare: “Ci serve gente autorevole, capace in ogni ruolo”. Gente “fidata” e non destabilizzante per un elettorato che comunque resta quello moderato e che non si può sballottare a ogni pie’ spinto, con una linea troppo di destra e aggressiva che non paga. Conscio che gli amati sondaggi registrano un piccolo, ma pericoloso – perché tendenzialmente graduale – arretramento, il Cavaliere nominerà a giorni tre vice presidenti “dialoganti” e sostanzialmente dal volto moderato, con specifiche e distinte funzioni: uno per l’Italia, uno per l’Europa e i rapporti internazionali e uno per i rapporti con il Parlamento.

Due nomi su tre, a quanto sembra, sarebbero pressoché decisi, almeno nelle intenzioni del Cavaliere: Giovanni Toti, direttore di Tg4 e Studio Aperto e ad oggi luce degli occhi di Berlusconi, come responsabile del partito “per l’Italia”. Antonio Tajani, commissario europeo, vice presidente della Commissione e del Ppe, fondatore di Forza Italia delle origini nonché in ottimi rapporti con Alfano, che guarderebbe con molto favore alla sua nomina in vista di un riavvicinamento agli ex colleghi, diventerebbe il vice presidente per l’Europa, con l’incarico di mantenere i rapporti internazionali, ora pregiudicati. Infine, per la terza carica si pensa a una donna anche se in questo caso (vista l’acquolina in bocca manifestata dalla Gelmini) nulla è deciso: Anna Maria Bernini forse, con esperienza parlamentare, o anche la Carfagna, ma la scelta non sarebbe ancora fatta. Pare che su quell’ultima poltrona ci voglia mettere bocca Francesca Pascale, ma si vedrà. Intanto, nella latitanza del potere, Brunetta continua a dettare la linea. Attraverso il Mattinale, foglio sempre più gradito al Cavaliere. Ieri, la nota politica vergata dal capogruppo rappresentava gli italiani come un popolo “in balia di una brigata dell’Ultimo treno per Yuma” con alla guida un Letta ormai “impotente”, anzi, “un fuscello impotente dinanzi a questa razzia da panico, lui stesso orfanello di un partito che non c’è più, in attesa disperata di essere adottato da un partito che non c’è ancora. Chi ci rimette è l’Italia”. Per questo serve “responsabilità”, quella che starebbe dimostrando Renzi sostenendo che “occorre fare presto e bene una legge elettorale ‘con chi ci sta’; presto: vuol dire subito. Bene: vuol dire maggioritaria, a turno unico. Chi ci sta: Forza Italia c’è, Berlusconi di più”, conclude Il Mattinale. E Brunetta più che mai.

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