“Vivisezione” è quasi sempre sinonimo di rissa. Ogni volta si finisce per litigare e ne viene fuori una discussione piena di insulti e minacce che rendono ancora più confuso chi vorrebbe farsi un’idea. Sicuramente è un tema delicato che non si può estinguere in qualche paginetta e, poiché le questioni in gioco sono davvero tante, il rischio è sempre quello di creare un calderone di informazioni, dove a ogni frase si contesta il fatto di non aver considerato un aspetto piuttosto che l’altro.
Perciò, non essendo filosofo, vorrei partire dall’aspetto scientifico. Perché proprio da qui? Come per fare una buona casa, bisogna innanzitutto sapere come costruirne una che stia in piedi; poi si potrà (e dovrà) discutere su quanto sia sostenibile costruire un albergo vicino al mare e capire come evitare infiltrazioni mafiose. Ma farla sostenibile e in regola non significa costruirla bene!
Fuor di metafora capire cosa sia veramente e come funzioni la sperimentazione animale, senza farsi abbagliare dalle dicerie, può aiutarci a capire se e quanto sia un compromesso ancora necessario. Se invece si fraintendono pure le parole, si rischia di fare considerazioni viziate: potrete fare delle bellissime congetture per rendere la casa ecosostenibile, ma se non ha solide fondamenta rimarrà pericolosa.
Per iniziare, dunque, vorrei che si parlasse di “sperimentazione animale” e non di “vivisezione”. Non per coprire con le parole chissà quali orrori, ma per evitare di evocare immagini al di fuori della realtà. Infatti la vivisezione a cui spesso ci si riferisce con foto orribili, non sempre attendibili, per fortuna non è più legale da tempo. Una volta la medicina era molto diversa e la sensibilità scarsa perfino per i pazienti (ad esempio non c’era l’anestesia). Alcune di quelle pratiche erano davvero inguardabili, anche se è innegabile quanto siano state e siano tuttora utili per la neuroanatomia, gli avanzamenti in medicina, la chirurgia e l’avvento di farmaci e vaccini che hanno migliorato la nostra vita in maniera quasi impensabile.
Ad ogni modo le cose sono molto cambiate anche solo rispetto a 50 anni fa perché la ricerca si è saputa evolvere e continua a farlo, anche grazie a chi ha lottato per umanizzare la sperimentazione: oggi gli animali devono vivere in ambienti puliti ed essere trattati con attenzione (ad esempio nella stragrande maggioranza dei casi l’anestesia è obbligatoria); non solo per questioni etiche, ma perché lo stress e la cattiva salute degli animali pregiudicherebbero la validità dei risultati.
Perché allora usare parole inutilmente emotive? Se devo essere contro la sperimentazione animale lo sarò a prescindere dal nome, ma almeno non rischio di venire frainteso usando il termine “vivisezione”. D’altronde nessuno dopo un intervento chirurgico direbbe di esser stato “vivisezionato”, giusto?
Ma la sperimentazione animale è ancora utile e insostituibile? La risposta della stragrande maggioranza degli scienziati è che funziona ancora (e i Nobel in medicina e fisiologia dell’ultimo secolo lo dimostrano) e al momento, nonostante gli sforzi e i progressi per farne a meno, non siamo in grado di sostituirla totalmente. Essa è essenziale per progettare farmaci, pacemaker, arti ecc, oltre che per la ricerca di base (per la cosmetica, invece, è stata abolita).
In ricerca di solito si parte da programmi informatici (ricerca “in silico”) che permettono di selezionare tra un numero enorme di molecole ideali (ad esempio 10 mila) solo quelle decine giudicate interessanti, quindi vi è una fase “in vitro” dove si testano queste molecole su cellule isolate per vedere gli effetti: questi sono i famosi metodi “alternativi” (o meglio complementari).
A questo punto, infatti, abbiamo ancora tante domande irrisolte: queste molecole arriveranno nell’organo che mi interessa e in quantità adeguata? Come agiranno nelle altre zone? Per queste domande un gruppo di cellule non è sufficiente ed è necessario ricorrere all’uso di organismi interi: i modelli animali. Si usano tanti tipi di animali diversi, dal moscerino della frutta alle scimmie, ma in Ue l’87% circa degli animali usati per la sperimentazione sono topi (mezzo milione all’anno in Italia), ratti e animali a sangue freddo, mentre le scimmie rappresentano solo lo 0,05%. Per darvi un’idea le derattizzazioni nella sola città di Milano uccidono anche milioni di esemplari l’anno, in modi tutt’altro che “friendly”.
Ma come può un topo essere considerato uguale a un umano? Semplicemente non lo è (non siamo topi da 70 Kg) e per questo si parla di “modello”. Siamo, però, sufficientemente simili a livello evolutivo da condividere molte delle caratteristiche di organi e apparati. Ad ogni modo, i risultati devono poi essere testati anche nelle tre fasi di sperimentazione clinica su umani: una prima su un gruppo ristretto di persone sane (per verificare che non vi siano tossicità), una seconda su malati e una terza su un grande gruppo di persone eterogenee.
Come mai allora, come molti affermano, il 92% dei farmaci che hanno successo sugli animali non superano le fasi successive? Più che un limite è l’obiettivo di ogni sperimentazione: scartare le molecole dannose, inutili o non diverse da quelle già in commercio. Anche i metodi “alternativi” hanno percentuali di successo molto basse e perfino i test clinici non sono perfetti (per questo esiste la farmacovigilanza). Questo non vuol dire che i vari passaggi siano inutili, ma che anzi, come ha dimostrato il triste caso del talidomide, essi vanno affrontati con estrema serietà.
Adesso che abbiamo dato un’infarinatura generale all’argomento e risposto ad alcune critiche comuni, nelle prossime puntate potremo fare chiarezza su altri miti non citati o solo abbozzati, lanciarci in analisi più articolate delle questioni etiche o analizzare i punti controversi della sperimentazione animale che ancora non ci siamo lasciati alle spalle.
Dopo le feste (a proposito, auguri), vi aspetto numerosi!
Ps. L’incipit serve a ricordarvi che se volete dire che la vivisezione è sbagliata perché gli animali hanno i nostri stessi diritti siete nel post sbagliato e, quantomeno, dovrete aspettare qualche settimana
Federico Baglioni
Biotecnologo e Divulgatore Scientifico
Scienza - 27 Dicembre 2013
Vivisezione o sperimentazione animale? Andiamo con ordine
“Vivisezione” è quasi sempre sinonimo di rissa. Ogni volta si finisce per litigare e ne viene fuori una discussione piena di insulti e minacce che rendono ancora più confuso chi vorrebbe farsi un’idea. Sicuramente è un tema delicato che non si può estinguere in qualche paginetta e, poiché le questioni in gioco sono davvero tante, il rischio è sempre quello di creare un calderone di informazioni, dove a ogni frase si contesta il fatto di non aver considerato un aspetto piuttosto che l’altro.
Perciò, non essendo filosofo, vorrei partire dall’aspetto scientifico. Perché proprio da qui? Come per fare una buona casa, bisogna innanzitutto sapere come costruirne una che stia in piedi; poi si potrà (e dovrà) discutere su quanto sia sostenibile costruire un albergo vicino al mare e capire come evitare infiltrazioni mafiose. Ma farla sostenibile e in regola non significa costruirla bene!
Fuor di metafora capire cosa sia veramente e come funzioni la sperimentazione animale, senza farsi abbagliare dalle dicerie, può aiutarci a capire se e quanto sia un compromesso ancora necessario. Se invece si fraintendono pure le parole, si rischia di fare considerazioni viziate: potrete fare delle bellissime congetture per rendere la casa ecosostenibile, ma se non ha solide fondamenta rimarrà pericolosa.
Per iniziare, dunque, vorrei che si parlasse di “sperimentazione animale” e non di “vivisezione”. Non per coprire con le parole chissà quali orrori, ma per evitare di evocare immagini al di fuori della realtà. Infatti la vivisezione a cui spesso ci si riferisce con foto orribili, non sempre attendibili, per fortuna non è più legale da tempo. Una volta la medicina era molto diversa e la sensibilità scarsa perfino per i pazienti (ad esempio non c’era l’anestesia). Alcune di quelle pratiche erano davvero inguardabili, anche se è innegabile quanto siano state e siano tuttora utili per la neuroanatomia, gli avanzamenti in medicina, la chirurgia e l’avvento di farmaci e vaccini che hanno migliorato la nostra vita in maniera quasi impensabile.
Ad ogni modo le cose sono molto cambiate anche solo rispetto a 50 anni fa perché la ricerca si è saputa evolvere e continua a farlo, anche grazie a chi ha lottato per umanizzare la sperimentazione: oggi gli animali devono vivere in ambienti puliti ed essere trattati con attenzione (ad esempio nella stragrande maggioranza dei casi l’anestesia è obbligatoria); non solo per questioni etiche, ma perché lo stress e la cattiva salute degli animali pregiudicherebbero la validità dei risultati.
Perché allora usare parole inutilmente emotive? Se devo essere contro la sperimentazione animale lo sarò a prescindere dal nome, ma almeno non rischio di venire frainteso usando il termine “vivisezione”. D’altronde nessuno dopo un intervento chirurgico direbbe di esser stato “vivisezionato”, giusto?
Ma la sperimentazione animale è ancora utile e insostituibile? La risposta della stragrande maggioranza degli scienziati è che funziona ancora (e i Nobel in medicina e fisiologia dell’ultimo secolo lo dimostrano) e al momento, nonostante gli sforzi e i progressi per farne a meno, non siamo in grado di sostituirla totalmente. Essa è essenziale per progettare farmaci, pacemaker, arti ecc, oltre che per la ricerca di base (per la cosmetica, invece, è stata abolita).
In ricerca di solito si parte da programmi informatici (ricerca “in silico”) che permettono di selezionare tra un numero enorme di molecole ideali (ad esempio 10 mila) solo quelle decine giudicate interessanti, quindi vi è una fase “in vitro” dove si testano queste molecole su cellule isolate per vedere gli effetti: questi sono i famosi metodi “alternativi” (o meglio complementari).
A questo punto, infatti, abbiamo ancora tante domande irrisolte: queste molecole arriveranno nell’organo che mi interessa e in quantità adeguata? Come agiranno nelle altre zone? Per queste domande un gruppo di cellule non è sufficiente ed è necessario ricorrere all’uso di organismi interi: i modelli animali. Si usano tanti tipi di animali diversi, dal moscerino della frutta alle scimmie, ma in Ue l’87% circa degli animali usati per la sperimentazione sono topi (mezzo milione all’anno in Italia), ratti e animali a sangue freddo, mentre le scimmie rappresentano solo lo 0,05%. Per darvi un’idea le derattizzazioni nella sola città di Milano uccidono anche milioni di esemplari l’anno, in modi tutt’altro che “friendly”.
Ma come può un topo essere considerato uguale a un umano? Semplicemente non lo è (non siamo topi da 70 Kg) e per questo si parla di “modello”. Siamo, però, sufficientemente simili a livello evolutivo da condividere molte delle caratteristiche di organi e apparati. Ad ogni modo, i risultati devono poi essere testati anche nelle tre fasi di sperimentazione clinica su umani: una prima su un gruppo ristretto di persone sane (per verificare che non vi siano tossicità), una seconda su malati e una terza su un grande gruppo di persone eterogenee.
Come mai allora, come molti affermano, il 92% dei farmaci che hanno successo sugli animali non superano le fasi successive? Più che un limite è l’obiettivo di ogni sperimentazione: scartare le molecole dannose, inutili o non diverse da quelle già in commercio. Anche i metodi “alternativi” hanno percentuali di successo molto basse e perfino i test clinici non sono perfetti (per questo esiste la farmacovigilanza). Questo non vuol dire che i vari passaggi siano inutili, ma che anzi, come ha dimostrato il triste caso del talidomide, essi vanno affrontati con estrema serietà.
Adesso che abbiamo dato un’infarinatura generale all’argomento e risposto ad alcune critiche comuni, nelle prossime puntate potremo fare chiarezza su altri miti non citati o solo abbozzati, lanciarci in analisi più articolate delle questioni etiche o analizzare i punti controversi della sperimentazione animale che ancora non ci siamo lasciati alle spalle.
Dopo le feste (a proposito, auguri), vi aspetto numerosi!
Ps. L’incipit serve a ricordarvi che se volete dire che la vivisezione è sbagliata perché gli animali hanno i nostri stessi diritti siete nel post sbagliato e, quantomeno, dovrete aspettare qualche settimana
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Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Da due o tre giorni avevamo capito che eravamo quasi arrivati alla conclusione di questa vicenda". Lo ha detto Antonio Tajani a Porta a Porta sulla liberazione di Cecilia Sala.
"Stamattina l'ambasciarice è andata al carcere per la visita consolare e le hanno detto la visita è annullata per una buona notizia, l'ambasciarice ha capito e mi ha telefonato", ha raccontato il ministro degli Esteri spiegando tra l'altro: "Anche la famiglia è stata eccezionale, la mamma e il papà ci hanno dato una mano".
"La Santa Sede non ha dato una mano in maniera operativa ma c'è sempre stato sostegno. Ma non c'è stato un intervento del Vaticano", ha spiegato Tajani.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Fermo restando che la mia posizione di condanna è assoluta per alcuni gesti apologetici, avendo conosciuto quei ragazzi, Franco Bigonzetti, Francesco Ciavatta e Stefano Recchioni, i primi due uccisi da terroristi ai quali non si è mai dato un nome, esprimo il rammarico per il fatto che la Procura della Repubblica di Roma in 45 anni non abbia mai aperto una seria inchiesta sulla strage di Acca Larenzia". Il presidente dei senatori di Forza Italia Maurizio Gasparri, intervenendo nell’aula del Senato.
"Noi chiediamo la verità su tante vicende italiane. Nei giorni scorsi, si è saputa una possibile verità sull’omicidio di stampo mafioso di Piersanti Mattarella a Palermo. Ma sulla strage di Acca Larenzia le tracce ci sono, perché la mitraglietta Skorpion che uccise Bigonzetti e Ciavatta poi è stata utilizzata anche successivamente dalle Brigate Rosse -ha detto ancora Gasparri-. Quelli che ieri, sbagliando, hanno fatto i saluti romani non inneggiavano alle Brigate Rosse ma ricordavano, con una ritualità che io non condivido, dei militanti di un partito politico, non di terroristi".
"Mentre le Brigate Rosse sono quelle che hanno usato la mitraglietta Skorpion per uccidere Bigonzetti e Ciavatta, poi Lando Conti, ex sindaco di Firenze, e il professor Ruffilli che era un professore impegnato nella Democrazia Cristiana. Quindi quell'arma e chi l’ha usata è transitato nelle Brigate Rosse", ha proseguito l'esponente di FI.
(Adnkronos) - "Basterebbe un’inchiesta per capire quali gruppi della periferia di Roma sud e dell’estrema sinistra hanno fatto questo transito. C’è un libro di un giornalista che si chiama Nicola Rao che ha descritto queste vicende ed è una vergogna che la Procura della Repubblica di Roma non abbia mai fatto un'inchiesta seria. Io l'ho detto pubblicamente a Lo Voi e lo dico a tutti i Procuratori del passato. La magistratura evidentemente non ha voluto la verità su quella vicenda. Protesto, quindi, per le verità mancate di una pagina di storia italiana tragica", ha concluso Gasparri.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Ho voluto partecipare in collegamento all'evento 'Comunità democratica' perché il partito cattolico è anacronistico, c'è bisogno di cominciare a discutere largamente di politica, di programmi, a far partecipare le persone e soprattutto di far diminuire l'astensione". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"C'è bisogno di cominciare a discutere, sono due anni che non si fa nel Paese. Queste iniziative sono benedette, penso che Schlein lo sappia", ha aggiunto Prodi proseguendo: "Deciderà Ruffini se entrare in politica o no. E' un uomo di qualità e dipenderà dalla rete che riuscirà a costruire. E' stato talmente bravo a combattere l'evasione fiscale che il Paese gli dovrebbe essere grato".
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Trump non vuole l'Europa coesa. Tratta Paese per Paese ed esercita su ciascuno una pressione particolare. Il problema è che Meloni non può essere portavoce o simbolo dell'Europa unita, Trump non lo permetterà mai". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Trump e Musk ne dicono di tutti i colori e attaccano dall'interno i Paesi intervenendo; è il solito quadro: Trump imprevedibile. Prevedo un grande cambiamento. E' finita la globalizzazione economica e Trump tenta quella politica: l'intervento negli affari interni di tutti i Paesi", ha aggiunto.
"La cosa strana è che mentre oggi c'è stata una reazione dell'Onu sulle sue dichiarazioni, non ne ho viste da parte dell'Unione europea. Il problema è che un'UE divisa come oggi non riesce a formare una volontà politica comune; la presidente della Commissione deve mediare e non vuole rompere l'equilibrio. Non dice niente delle interferenze di Trump in Germania, in Gran Bretagna, in Italia. Il sovranismo si ferma all'obbedienza", ha detto ancora Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Starlink, l'accordo col governo gli darebbe in mano tutti i dati che riguardano il nostro Paese. E' il momento che il governo decida se dare in mano ad altri la propria vita". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Il vantaggio di Musk è che ha a disposizione una tecnologia pronta e potente. Non so se il governo firmerà, ma queste cose vanno fatte con una prudenza enorme e garanzie che non credo il nostro esecutivo sia in grado di ottenere. Così come sembrano essere le cose, io non firmerei. E l'idea che il rappresentante di uno Stato come è Musk si impadronisca di una realtà fondamentale di un altro Paese è un rischio enorme per la democrazia", ha aggiunto Prodi.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Su Belloni, posso dire che è proprio brava, una servitrice dello Stato leale nei confronti del Paese e con capacità personali. Non ho la minima idea se verrà eventualmente coinvolta nelle istituzioni europee. Lei ha detto di no, ma queste cose devono maturare nel tempo. Ha le energie e le capacità, vedremo". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
Roma, 8 gen (Adnkronos) - "Esprimo la mia felicità vera per il ritorno di Sala, la stessa che ho provato quando liberammo il giornalista di Repubblica Daniele Mastrogiacomo in condizioni analoghe". Lo ha detto Romano Prodi a Otto e mezzo, su La7.
"Queste contrattazioni sono sempre molto complesse. Certamente c'è stato da Trump una specie di permesso o di tacito consenso. A differenza della mia esperienza, noi gioimmo tutti insieme, col ministro degli Esteri, il governo e anche i servizi. C'era anche la dottoressa Belloni, che aveva organizzato la liberazione; oggi è sembrato un evento molto solitario, solo della Meloni", ha aggiunto Prodi.