I Comuni italiani come cacciatori di teste: questo paragone non è azzardato. Prendiamo l’esempio di Padova. Il 5 dicembre esplode il caso dei “doppi lavori” dei dipendenti di Palazzo Moroni: 64 su 1.800. Sul report messo online dal Comune balza all’occhio la carriera d’oro di Daniele Formaggio: l’addetto al cerimoniale, adesso in aspettativa, è stato designato dal ministro allo Sviluppo economico Flavio Zanonato in persona, ex sindaco della città, come suo consulente del ministero ma a domicilio. Formaggio, infatti, occupa un ufficio di Palazzo Santo Stefano, sede della Prefettura. L’incasso? Fa gola: 65mila euro lordi annui. Nella lista dei fortunati spicca anche il capo della Protezione civile, Gaetano Natarella: assunto dalla Veneranda Arca di Sant’Antonio (che gestisce il patrimonio della basilica omonima) dal primo maggio 2012 al 30 aprile 2013 per 3.500 euro. Incarico bissato fino ad aprile 2014 per altri 3.300 euro. Nello stesso tempo Natarella, ufficialmente responsabile sicurezza dello stadio Euganeo, esercita un ruolo anche nella società calcistica del Padova che utilizza proprio quell’impianto. La parcella questa volta è di 20mila euro: un bel gruzzoletto che si aggiunge al suo regolare stipendio.
Non è da meno Paolo Manfrin, istruttore geometra secondo l’organigramma comunale, da anni contro lo spaccio di droga nel quartiere Stanga – ma a fine novembre fermato dalla polizia proprio mentre compra una dose di cocaina da un nigeriano – vanta due posti di lavoro in più. Il primo all’interno del consiglio di amministrazione degli Istituti riuniti padovani di educazione e assistenza. Valore della prestazione: 13.466 euro. Il secondo è nel consiglio di amministrazione di Sinergie spa, società fornitrice di servizi energetici, per una retribuzione di 36.250 euro. Non sfuggono al doppio incarico neanche alcuni agenti di polizia, pagati per tenere dei corsi nelle autoscuole. Il valzer dei multipli è anche un affare tra campanili diversi: perfino il Comune di Verona ha attinto dalle competenze già impiegate a Palazzo Moroni.
Il caso di Padova comunque non è isolato. Basta spulciare tra i siti web delle varie amministrazioni cittadine, da nord a sud del Paese, dalle più piccole alle più grandi, per vedere che la prassi del “doppio lavoro” è diffusa, anzi diffusissima. Da Trieste a Palermo, passando per Roma, Bologna, Milano, Venezia. Eccetera, eccetera.
Ma è legale o illegale? Dipende. L’articolo 92 (comma 1) del Testo Unico degli enti locali prevede che solo i dipendenti a tempo parziale “purché autorizzati dall’amministrazione di appartenenza, possono prestare attività lavorativa presso altri enti”. Nel caso in cui il secondo lavoro sia incompatibile con la carica pubblica ricoperta, scatta il conflitto d’interessi. Chi controlla il rispetto delle regole? L’Anci se ne lava le mani. Spetta all’Anac (ex Civit), cioè all’Autorità nazionale anticorruzione e per la valutazione e la trasparenza delle amministrazioni pubbliche, istituita nel 2010 con la riforma Brunetta. “Noi non possiamo passare al setaccio tutti gli incarichi autorizzati dai Comuni italiani ai loro dipendenti, è un’operazione impossibile. Anche perché siamo solo in 30 persone – fanno sapere dall’Anac – Allora ci limitiamo a raccogliere le segnalazioni da parte dei cittadini via mail e verifichiamo le situazioni di incompatibilità con la legge”. La pena a carico dei responsabili della trasparenza dell’amministrazione consiste nel taglio dei premi di fine anno. Quisquilie, già. Nemmeno i decreti attuativi della nuova legge anticorruzione voluta dal governo Monti prevedono ulteriori sanzioni o le dimissioni. Per quello serve il buon senso. Ogni Comune, poi, è tenuto a pubblicare sul proprio sito online, sotto la voce “amministrazione trasparente” l’elenco dei doppi incarichi conferiti ai propri dipendenti. Non tutti lo fanno. “Anche questo sarebbe un obbligo”. L’Anac si limita al condizionale.