Come ho avuto modo di affermare qualche post fa, non ritengo che abbandonare l’euro o l’Europa in modo unilaterale sia una soluzione efficace ai problemi dell’Italia. Tuttavia, il folle perseverare dell’élite dominante europea, in primo luogo la signora Merkel con il suo codazzo di truppe di complemento socialdemocratiche, in politiche recessive e neoliberiste, rischia di avvicinare il momento nel quale abbandonare la scialuppa che affonda sarà l’unica scelta che rimane a noi, come ad altri che sono le vittime predestinate di questa situazione.

Ma sarebbe comunque una sconfitta e un passaggio difficile, da affrontare con precisi provvedimenti come l’indicizzazione dei salari e il blocco del movimento dei capitali. Il rischio è invece che ci si arrivi senza paracadute di questo genere e che ci si rompa la zucca. Occorre quindi muoversi subito per evitare tale conclusione. Sono convinto che siano necessarie scelte forti e coraggiose per contestare, dall’interno, le decisioni scellerate dell’Unione europea, a partire da mostruosità come il Fiscal Compact, che annullano praticamente ogni possibilità di politiche pubbliche autonome. Voglio segnalare, in questo senso, la campagna lanciata dalla  neocostituita associazione Ross@ per rompere l’Unione europea e ripudiare le politiche della troika

L’Unione europea reale si è in effetti tradotta in un meccanismo micidiale di trasferimento del reddito dai poveri ai ricchi e di blocco di scelte autonome e democraticamente partecipate da parte dei popoli che ne fanno parte. Questo meccanismo va spezzato. Le politiche folli del neoliberismo recessivo che beneficano solo la finanza vanno annientate. Il rovesciamento di tali politiche è stato chiesto da un recente appello di intellettuali, fra i quali Alberto Burgio, Luigi Ferrajoli, Gianni Ferrara, Stefano Rodotà e Salvatore Settis.

Si allarga del resto a vista d’occhio la cerchia di coloro che sono fortemente critici nei confronti delle scelte europee. Un anziano, ma ancora lucido, giurista come Giuseppe Guarino ha scritto di recente svolgendo un’analisi approfondita e spietata del vero e proprio colpo di stato venuto in essere con l’adozione dell’euro e la sua gestione da parte delle autorità europee. Guarino sostiene con dovizia di argomentazioni la contrarietà ai trattati del regolamento 1466/97, che ha introdotto la “sorveglianza” europea sulle politiche di bilancio e quelle economiche. Così Guarino descrive la situazione che si è venuta a determinare in Europa:

“Il regolamento 1466/97 ha soppresso l’unico spazio di attività politica soggetto all’influenza dei cittadini dei singoli Stati membri, lo spazio delle politiche economiche  a mezzo delle quali ciascun Paese membro avrebbe dovuto e potuto concorrere al perseguimento dello sviluppo, nell’interesse proprio e dell’Unione. La competenza politica degli Stati membri, oggetto di un diritto potestativo, non è stata sostituita da altre di eguale carattere politico. In sua vece è stato previsto l’obbligo degli Stati membri di realizzare un risultato specificamente definito (il bilancio in pareggio) di carattere primario ed eguale per tutti, la cui realizzazione si risolve in obblighi e doveri individuali, soggetti a poteri di vigilanza, a controlli e a direttive, ed i cui caratteri ed obiettivi sono prescritti.

Soppresso ogni spazio di decisione politica, è scomparso anche il corrispondente spazio di espansione del principio democratico.

Le direzioni di marcia dell’Unione e degli Stati membri sono segnate. Nel settore che nelle condizioni attuali di sviluppo condiziona tutti gli altri, e che è da considerarsi quindi assolutamente prioritario, quello della economia, “i governi devono fare i compiti” ad essi assegnati. Gli istituti democratici dagli ordinamenti costituzionali di ciascun Paese non servono più. Nessuna influenza possono esercitare i partiti politici. Scioperi e serrate non producono effetti. Le manifestazioni violente provocano danni ulteriori, non scalfiscono gli indirizzi prestabiliti. Atti dimostrativi come salire su torri e sostarvi per intere notti e persino gesti estremi quali il suicidio per tutelare la dignità personale offesa per il non potere pagare i salari ai propri dipendenti o non potere provvedere ai bisogni della propria famiglia, sono senza effetto”.

Un’illustrazione davvero illuminante della situazione di impotenza democratica determinata dal modo di operare delle istituzioni europee. Ne consegue che, per salvare la democrazia è necessario scardinare al più presto questi meccanismi che vanno bloccati e distrutti nell’interesse comune dei popoli europei per dare vita nuove forme e nuovi livelli di unità, finalizzati stavolta non ad accrescere ulteriormente le dimensioni già spropositate del capitale finanziario, ma a soddisfare i diritti sociali dei cittadini d’Europa. Come afferma Paolo Raffone in un saggio ampio e argomentato, l’alternativa, per l’Europa è, oggi più che mai, rinascere o perire. Vorrei poter condividere il suo ottimismo quando scrive che “mentre le tecno-burocrazie tentano malamente di difendere lo status quo, questa voglia di Europa nuova, perché la si vuole diversamente unita, sarà certamente rappresentata nel parlamento europeo dopo le elezioni del maggio 2014“. 

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